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il corbaccio 205

sposta che quella; e ammaestramento e regola in quelle cose fare che per quella poteva comprendere che le piacessono. Delle quali, come ch’io fornito non mi sentissi, per ciò che né senno né prodezza né gentilezza c’era (alla cortesia, quantunque il buono animo ci fosse, non ci avea di che farla), nondimeno, secondo la mia possibilitá, a dovere fare ogni cosa, per la quale io la sua grazia meritassi, mi dispuosi del tutto. E del piacere preso da me per la lettera ricevuta, per un’altra lettera, com’io seppi il meglio, la feci certa; né poi senti’, né per sua lettera né per ambasciata, quello che io, di ciò che scritto l’avea, le paresse. —

Allora lo spirito disse:

— Se piú avanti in questo amore non è stato, che cagione te induceva il di trapassato, con tante lagrime, con tanto dolore, si ferventemente per questo a disiderare di morire? —

Al quale io rispuosi:

— Forse che il tacere sarebbe piú onesto; ma, non potendoli negare, poi ne domandi, te) pur dirò. Due cose erano quelle che quasi ad estrema disposizione m’aveano condotto: l’una fu il ravvedermi che, lá dov’io alcun sentimento aver credea, quasi una bestia senza intelletto m’avvidi ch’io era; e certo questo non è da turbarsene poco, avendo riguardo che io la maggiore parte della mia vita abbi spesa in dovere qualche cosa sapere, e poi, quando il bisogno viene, trovarmi non sapere nulla: l’altra fu il modo tenuto da lei in far palese ad altrui che io di lei fossi innamorato; e in questo piú volte crudele e pessima femmina la chiamai.

«Nella prima cosa mi trovai io in piú modi stoltamente avere adoperato; e massimamente in credere troppo di leggeri cosí alte cose d’una femmina, come colui raccontava, senza altro vederne; e appresso per quelle, senza vedere né dove nè come, ne’ lacciuoli d’amore incapestrarmi e nelle mani d’una femmina dare legata la mia libertá e sottoposta la mia ragione; e l’anima, che, con questa accompagnata, solea essere donna, senza, essere divenuta vilissima serva: delle quali cose non tu né altri dirá che da dolersi non sia infin la morte.´