Pagina:Boccaccio, Giovanni – L'Ameto, Lettere, il Corbaccio, 1940 – BEIC 1765776.djvu/198

192 il corbaccio

possessione assegnato e, recandosi ad ingiuria di vedervi alcuno altro, le fiere del luogo, si come a lui familiari, a vendicar la sua ingiuria sopra me incitasse e a queste mi facesse dilacerare: speranza d’alcuna salute mi recò, in quanto piú faccendosi a me vicino, pieno di mansuetudine mel parea vedere; e piú e piú riguardandolo, estimando d’altra volta, non quivi ma in altra parte, averlo veduto, diceva meco:

«Questi per avventura, si come uomo uso in queste contrade, mi mostrerrá dove sia di questo luogo l’uscita; e ancora, se in lui fia spirito di pietá alcuno, infino a quello benignamente mi menerá.»

E, mentre che io in cosí fatto pensiere dimorava, esso, senza ancora dire alcuna cosa, tanto mi s’era avvicinato che io, ottimamente la sua effige raccolta, chi egli fosse e dove veduto l’avessi mi ricordai; né d’altro colla mia memoria disputava che del suo nome, immaginando se io per quello, misericordia e aiuto chiedendogli, il nominassi, quasi una piú stretta familiaritá per quello dimostrando, con maggiore e piú forte affezione a’ miei bisogni il dovesse muovere.

Ma, mentre che io quello che cercando andava, ritrovar non poteva, esso, me con voce assai soave per lo mio propio nome chiamandomi, disse:

— Qual malvagia fortuna, qual malvagio destino t’ha nel presente diserto condotto? Dove è il tuo avvedimento fuggito, dove la tua discrezione? Se tu hai sentimento, quanto solevi, non discerni tu che questo è luogo di corporal morte e perdimento d’anima, che è molto peggio? Come ci se’ tu venuto, qual trascuranza t’ha qui guidato? —

Io, costui udendo, e parendomi ne’ suoi sembianti assai di me pietoso, prima ch’io potessi alla risposta avere la voce, dirottamente, di me increscendomi, cominciai a piangere. Ma, poiché alquanto sfogata fu la nuova passione per le lagrime, raccolte alquanto le forze dell’animo in uno, con rotta voce e non senza vergogna, rispuosi:

— Sì come io penso, il falso piacere delle caduche cose, il quale piú savio ch’io non sono giá trasviò molte volte e