Pagina:Boccaccio, Giovanni – L'Ameto, Lettere, il Corbaccio, 1940 – BEIC 1765776.djvu/191

Incomincia il libro chiamato Corbaccio



Qualunque persona, tacendo, i benefici ricevuti nasconde, senza aver di ciò cagione convenevole, secondo il mio giudicio, assai manifestamente dimostra sé essere ingrato e mal conoscente di quelli. O cosa iniqua e a Dio dispiacevole e gravissima a discreti uomini, il cui malvagio fuoco il fonte secca della pietá! Del quale acciò che niuno mi possa meritamente riprendere, intendo di dimostrare nell’umile trattato seguente una speziale grazia la quale, non per mio merito, ma per sola benignitá di colei che impetrandola da colui che volle quello ch’ella medesima, nuovamente mi fu conceduta. La qual cosa faccendo, non solamente parte del mio dovere pagherò, ma sanza niuno dubbio potrò a molti lettori di quella fare utilitá. E perciò, acciò che questo ne segua, divotamente priego colui, dal quale e quello, di che io debbo dire, e ogni altro bene procedette e procede, e di tutti, come per effetto si vede, è larghissimo donatore, che alla presente opera della sua salute siffattamente illumini il mio intelletto e la mano scrivente regga che per me quello si scriva che onore e gloria sia del suo santissimo nome, e utilitá e consolazione delle anime di coloro li quali per avventura ciò leggeranno, e altro no.

Non è ancora molto tempo passato che, ritrovandomi solo nella mia camera, la quale è veramente sola testimonia delle mie lagrime, de’ sospiri e de’ rammarichii, si come assai volte davanti avea fatto, m’avvenne che io fortissimamente sopra gli accidenti del carnale amore cominciai a pensare; e, molte cose giá passate volgendo e ogni atto e ogni parola pensando meco medesimo, giudicai che, senza alcuna mia colpa, io