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Cosi il testo del Boccaccio, sgombro del proemio non suo e liberato da intromissioni e sovrapposizioni, ripiglia parte del decoro che dovette avere, dettato da tanto maestro; molti ragionamenti riannodano le fila spezzate; l’eloquenza fluisce con meno sbalzi ed intoppi; il pensiero e la cultura dell’opera si risollevano all’altezza del nome ch’essa porta. IV Gli Argomenti in terza rima alla «Divina Commedia» di Dante Alighieri I tre capitoli o ternari «ne’ quali il Boccaccio in forma poco o punto poetica, ma sempre chiara e fedele al soggetto, e qua e lá efficacemente sintetica, riassunse, o piuttosto stipò, la contenenza delle tre cantiche dantesche» (0 si leggono autografi nel debba; ma ciò non toglie che qualche tratto da me espunto non sia negato a torto al Boccaccio, specialmente negli inizi delle singole trattazioni. Giudichi caso per caso lo studioso; al quale, in mancanza della dimostrazione analitica a corredo del testo (il tipo della edizione non la ammetteva, ma potrá essere eseguita a parte), non dispiacerá ch’io gli tracci una guida sommaria per altre poche pagine oltre il proemio. Le prime, a mio giudizio, sono anch’esse contaminate con i commenti che il rifacitore si trovava fra mano per la compilazione del proemio. Poi le chiare pagine parafrastiche del Boccaccio finalmente compariscono, con poche intromesse piú o men bene riconoscibili (quella, ad es., su Virgilio mago, sproporzionata, se non estranea, al proposito, e affatto nuova nella concezione boccaccesca di Virgilio altrimenti nota), finché la parola «poeta» offre al rifacitore il destro di interpolare, raffazzonandole, piú pagine, della Vita e del De Genealogiis. Quindi ripigliano le pagine autentiche, con altre varie intromesse, sino alla seconda parte del commento di questo I canto, dov’ è spiegato il senso allegorico; nella qual parte io credo che non si possa dubitare che la impostazione del discorso è del Boccaccio; ma si potrá dubitare se fosse meglio rescindere dall’inizio dello svolgimento delle idee generali suH’allegoria («In risponsione della qual cosa si possono due ragioni dimostrare...», I, 159) sino all’inizio della spiegazione del canto (I, 164), o tagliar via soltanto quella «terza ragione», che i codici provano non essere stata in una prima stesura, insieme con quel tratto sui quattro sensi, che l’analisi interna e il confronto col Boccaccio autentico (De Genealogiis, 1. I, cap. IV) non consentono di giudicar genuino. E cosi di séguito. (r) Cfr G. Vandelli e L. Casali, Per le nozze di Teresa Bertoldi con Umberto Monico, Firenze, 1913, p. 17. In questo opuscolo è pubblicato di sul codice Toledano il capitolo relativo alla prima cantica.