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Altre prove piú o meno esplicite! 1 ) dan modo di constatare che l’«originale» presentava frequenti aggiunte in calce o a margine o forse in intere pagine intercalate, le quali aggiunte non sempre conformemente i vari codici hanno inserito a loro posto, e talun d’essi ha talvolta trascurato.

Son tutti maravigliosamente scorretti, nei nomi, nelle date, nelle citazioni latine, che l’amanuense di M 2, che sapeva poco di grammatica, sopprime addirittura, o taglia, o riduce male in italiano. La morfologia verbale e la fonetica son trattate individualmente a capriccio. Eppure, nonostante ciò,, l’assiduo, paziente e accorto confronto dei quattro codici consente di ricostruire il testo delb«originale» con abbastanza genuinitá e fedeltá. Senonché io mi sono dovuto persuadere che di tale «originale» i «24 quaderni» e i «14 quadernetti», ne’ quali il B. lasciò, morendo, la contrastata ereditá delle sue lezioni di Santo Stefano di Badia, rappresentano una parte soltanto. Tutto il resto, che estensivamente può sommare a poco meno che altrettanto, è sviluppo di rimandi al proprio scritto biografico su Dante, che il B. lasciò segnati sull’autografo, e di altri consimili e piú numerosi rimandi alle proprie opere di erudizione, interpetrati con larghezza eccedente il proposito e con intelligenza inadeguata; è svolgimento di appunti e compimento di ragionamenti avviati; sono chiose teologiche e di dottrina chiesastica, per le quali non pare che il B. avesse né competenza né gusto; son tratti cavati da Eusebio, da Giustino, dal lessico di Papia e da altri volumi in uso nelle scuole; sono (e qui segnatamente è caduta in inganno la critica di questo testo nostra e straniera) pagine ricavate da altri commentatori di Dante, posteriori al Boccaccio.

Una somma di prove e di indizi giustifica ed avvalora questa concezione: chiose duplicate e contrastanti; brani che si riempiendo lo spazio con un «noi dice», della medesima mano, in piú minuta scrittura; in S la stessa lacuna non è colmata; ed essa doveva trovarsi «nell’originale» di Mi, perché in quest’ultimo codice, a p. 235, il numero del canto apparisce scritto posteriormente alla riga e costretto a stento nello spazio lasciato prima in bianco. M 2 in questo caso non offre riscontri, perché il passo cade nella lunga lacuna segnalata di sopra. (1) Segnalo le seguenti, delle quali ho voluto lasciar traccia in questa edizione: I, 126-7 «Questo soluto, ne resta venire, ecc., ut supra. — Resta a venire all’ordine della lettura...»; ib., p. 159 «si possono due ragioni dimostrare...», cui pur s’aggiunge una terza ragione a p. 161.