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che se medesimi uccidono, «feroce», cioè di costume e maniera di fiera, in quanto crudelmente e ferocemente contro a se medesima adopera, quel corpo uccidendo, il quale per albergo e per istanza l’è dato dalla natura per insino allo estremo della vita sua; «Del corpo ond’ella stessa s’è divelta», cioè cacciata e separata uccidendolo; «Minos», quel dimonio il quale nel quinto canto scrive l’autore essere esaminatore delle colpe e giudicatore de’ luoghi a quelle convenientisi, «la manda alla settima foce», cioè al settimo cerchio dello ’nferno, nel quale si puniscono i violenti. «Cade», questa anima mandata da Minos, «in la selva», la qual tu vedi qui, «e non l’è parte scelta», una piú che un’altra, nella quale ella debba il supplicio determinatole ricevere; «Ma lá dove fortuna», cioè caso, «la balestra», la gitta o fa cadere; «Quivi germoglia», cioè nascendo fa cesto, «come gran di spelta». È la spelda una biada, la qual, gittata in buona terra, cestisce molto, e perciò ad essa somiglia il germogliare di queste misere piante; e, dopo questo germogliare, dice che «Surge in vermena», cioè in una sottil verga, come tutte le piante fanno ne’ lor principi, «ed in pianta silvestra»; la pianta è maggiore che la vermena, in quanto la vermena non pare ancora atta a trapiantare per la sua troppa sottigliezza, dove la pianta, essendo giá piú ferma e piú cresciuta, è atta a trapiantare; e però è chiamata quella verga degli alberi, che giá ha alcuna fermezza, «pianta». «L’arpie pascendo poi delle sue foglie»: che animali o vero uccelli l’arpie sieno, si dirá dove il senso allegorico si sporrá. E qui vuole questo spirito, poi che mostrato ha come quivi nascano, mostrare la qualitá del lor tormento, il quale mostra che stea nel rompere che fanno l’arpie delli loro ramuscelli: e cosi par quel tormento esser simije a quello che nella presente vita si dá a’ disleali e pessimi uomini, in quanto sono attanagliati; e cosi dice che «pascendo», cioè rompendo e schiantando l’arpie le foglie di queste piante, fanno dolore all’anime rilegate in quelle piante, come le tanaglie fanno a’ corpi. E, percioché queste anime son tutte intorniate e chiuse dalla corteccia dell’albero loro, e però d’alcuna parte spirar non possono; a tór via