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II Senso allegorico [Lez. xlviii] «Era lo loco, ove a scender la riva», ecc. Avendo la ragione co’ suoi utili e sani consigli condotto l’autore, senza lasciarlo nelle miserie temporali intignere l’affezion sua, per infino a qui, e mostratogli i supplici che sostiene la eretica pravitá, e similmente disegnatogli l’ordine degl’inferiori cerchi della prigione eterna, e la qualitá de’ peccatori che in essi si puniscono; in questo canto il conduce a vedere i tormenti della prima spezie de’ violenti, cioè di quegli che nel sangue e nelle sustanzie del prossimo hanno bestialmente usata forza. E, percioché in questo luogo primieramente entra nel cerchio settimo, dove la matta bestialitá è punita, per farne l’autore accorto, gli dimostra la ragione, in un dimonio discritto in forma d’un Minotauro, in che consista la bestialitá. Ad evidenza della quale primieramente presuppone l’autore essere stata vera la favola di sopra narrata del Minotauro, accioché per questa presupposizione piú leggermente si comprenda quello che di dimostrare intende; [e però, questo presupposto, è da considerare qual sia la generazione di questo Minotauro, e quali sieno i suoi costumi; e, questi considerati, assai bene apparirá qual sia la qualitá della bestialitá, e per conseguente de’ bestiali.] [Dico adunque primieramente essere da riguardare in che forma fosse questo animale generato, accioché per questo noi possiam conoscere come negli uomini la bestialitá si crei. Fu adunque, si come nella favola si racconta, generato costui d’uomo e di bestia, cioè di Pasife e d’un toro: dobbiamo adunque qui intendere per Pasife l’anima nostra, figliuola del Sole, cioè di Dio Padre, il quale è vero sole. Costei è infestata da Venere, cioè dall’appetito concupiscibile e dallo irascibile, in quanto