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la patria, se ne venne a Roma, giá imperando Ottaviano Augusto, dove singularmente meritò la grazia e la familiaritá di lui; e per la sua opera fu ascritto all’ordine equestre, il quale, per quello che io possa comprendere, era quel medesimo che noi oggi chiamiamo «cavalleria»; e, oltre a ciò, fu sommamente nell’amore de’ romani giovani. Compose costui piú libri, essendo in Roma, de’ quali fu il primo quello che chiamiamo VEpistole. Appresso ne compose uno, partito in tre, il quale alcuno chiama Liber amorum, altri il chiamano Sine titillo: e può l’un titolo e l’altro avere, percioché d’alcun’altra cosa non parla che di suoi innamoramenti e di sue lascivie usate con una giovane amata da lui, la quale egli nomina Corinna; e puossi dire similmente Sine titillo, percioché d’alcuna materia continuata, della quale si possa intitolare, non favella, ma alquanti versi d’una e alquanti d’un’altra, e cosi possiamo dir di pezzi, dicendo, procede. Compose ancora un libro, il quale egli intitolò De faslis et nefastís, cioè de’ di ne’ quali era licito di fare alcuna cosa e di quegli che licito non era, narrando in quello le feste e’ di solenni degl’iddii de’ romani, ed in che tempo e giorno vengano, come appo noi fanno i nostri calendari; e questo libro è partito in sei libri, nei quali tratta di sei mesi: e per questo appare non esser compiuto, o che piú non ne facesse, o che perduti sien gli altri. Fece, oltre a questo, un libro, il quale è partito in tre, e chiamasi De arte amandi, dove egli insegna e a’ giovani ed alle fanciulle amare. E, oltre a questo, ne fece un altro, il quale intitolò De remedío, dove egli s’ingegna d’insegnare disamorare. E fece piú altri piccioli libretti, li quali tutti sono in versi elegiati, nel quale stilo egli valse piú che alcun altro poeta. Ultimamente compose il suo maggior volume in versi esametri, e questo distinse in quindici libri; e secondo che esso medesimo scrive nel libro De tristibus, convenendogli di Roma andare in esilio, non ebbe spazio d’emendarlo. Appresso, qual che la cagion si fosse, venuto in indegnazione d’Ottaviano, per comandamento di lui ne gli convenne, ogni sua cosa lasciata, andare in una isola, la quale è nel Mar