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differenti, che la sapienza è delle cose divine, le quali trascendono la natura delle cose inferiori; scienza è delle cose inferiori, cioè della lor natura; arte è delle cose operate da noi, e questa propriamente appartiene alle cose meccaniche, e, se per avventura questa si prende per la scienza speculativa, impropriamente è detta «arte», in quanto con le sue regole e dimostrazioni ne costringe infra certi termini; prudenza è delle cose che deono essere considerate da noi, onde noi diciamo colui esser prudente, il quale è buono consigliatore; ma l’intelletto si dee propriamente alle proposizioni che si fanno, si come «ogni tutto è maggiore che la sua parte». Estolle adunque qui l’autore Virgilio nelle due di queste cinque, dicendo che egli ónora «scienza ed arte», bene e maestrevolmente operandole, si come appare ne’ suoi libri, ne’ quali esso agl’ intelligenti si dimostra ottimamente aver sentito in filosofia morale e in naturale, il che aspetta alla scienza; ed oltre a ciò si dimostra mirabilmente avere adoperato in ciò che alla composizione de’ suoi poemi o alle parti di quegli si richiede, usando in essi l’artificio di qualunque liberale arte, secondo che le opportunitá hanno richiesto; e questo appartiene all’arte non meccanica, ma speculativa. E perciò meritamente queste lode dall’autore attribuite gli sono.] «Questi chi sono, c’hanno tanta orranza», cioè onoranza: il qual vocabolo per cagion del verso gli conviene assincopare, e dire, per «onoranza», «orranza»; «Che dal modo degli altri», li quali per infino a qui abbiam veduti, «gli diparte?» — inquanto hanno alcuna luce, dove quegli, che passati sono, non hanno. «E quegli», cioè Virgilio, disse «a me: — L’onrata», cioè l’onorata, «nominanza»; puossi qui «nominanza» intender per «fama»; «Che di lor suona su nella tua vita», nella quale questi cotali, si nelle scritture degli antichi, e si ancora ne’ ragionamenti de’moderni, raccordati sono; «Grazia», singulare, «acquista nel ciel», da Dio, «che si gli avanza», oltre a quegli che senza luce lasciati abbiamo. — [Intorno alla qual risposta dobbiamo sapere aver luogo quello che della divina giustizia si dice, cioè che ella non lascia alcun male impunito, né alcun bene inremunerato: percioché questi, de’ quali l’autor domanda, sono