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ciò, con men difficultá veggiamo come attamente l’autor disegni dalla giustizia di Dio essere alla colpa dato conveniente supplicio.

Dico adunque che, secondo che ad Aristotile pare nel quarto del \’Etica, che l’ira, la quale meritamente si dee reputar vizio, è un disordinato appetito di vendetta; e perciò pare questa esser causata da tristizia nata nell’adirato, per alcuna ingiuria ricevuta in sé o in altrui di cui gli caglia o nelle sue cose, o falsa o vera che quella ingiuria sia. E in tanto è questo appetito vizioso, in quanto questi cotali iracundi si turbano verso coloro, verso li quali non è di bisogno turbarsi, e per quelle cose per le quali turbar non si deono, e quando turbar non si deono, e ancora piú velocemente che non deono, e piú tempo perseverano in stare adirati che essi non deono. E di questi cotali adirati o iracundi, secondo che Aristotile medesimo dimostra, son tre maniere. La prima delle quali è quella d’alcuni, che, per ogni menoma cosa che avviene, non che per le maggiori, solamente che loro non sodisfaccia, subitamente s’adirano e gridano e prorompono in furore; ma in essa non lungamente perseverano, quasi lor sia bastevole d’aversi mostrati adirati, o perché subitamente vien lor fatto di prender vendetta della cosa per la quale adirati si sono; e cosi esalata l’ira, ritornano nella quiete prima. La qual cosa in questi cotali è commendabile, quantunque non sia perciò stata la colpa dell’adirarsi minore. E’ pare che in questa spezie d’ira sieno fieramente inchinevoli coloro, li quali sono di complession collerica, dalla velocitá o sottigliezza della quale par che venga questa subitezza.

La seconda maniera è quella di coloro li quali non troppo correntemente per ogni piccola cagion s’adirano, ma pure in quella, dopo alquanto aver sofferto, pervengono: l’ira de’ quali è si pertinace e ferma, che non senza difficultá si dissolve. E questi stanno lungamente adirati, servando dentro a se medesimi l’ira loro, né quasi mai quella risolvono, se della ingiuria, la quale par loro aver ricevuta, alcuna vendetta non prendono. Né questa tengono ascosa senza lor gravissima noia, percioché,