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essi vogliano quella in ciascuno atto umano essere stata virtuosa, intorno all’appetito delle ricchezze del tutto la discrivono innocua. Percioché essi dicono, regnante Saturno predetto, tutti i beni temporali, avvegnaché pochi e rozzi fossero, essere stati comuni a ciascheduno, e perciò non essersi allora trovato alcuno che servo fosse, o che in ispezialitá alcun mercennaio servigio facesse; ciascuno era e signore e servo di sé parimente, né era campo alcuno che da alcun termine o fossa o siepe segnato fosse; alcuno armento non era, che d’esser piú d’uno che d’un altro si conoscesse; di niuna pecunia era notizia, si come di quella che ancora non era stata da alcuna stampa segnata; né mercatante, né navilio o alcuna altra cosa, per la quale apparer potesse alcuno in singularitá avere appetito di possedere quello che agli altri non fosse comune, si conoscea. E per questo vogliono, e meritamente, in que’ secoli il mondo avere avuta lieta pace e consolata, né alcun vizio ancora esser potuto entrare nelle menti de’ mortali. La quale benignitá e di Dio e della natura delle cose, se continuata fosse stata da noi, come mostrata ne fu ne’ primi tempi per doverla seguire e continuare, non è dubbio alcuno [che dove avendola lasciata, e preso altro cammino, e per quello i vizi ne trasviano allo ’nferno] che noi, dopo riposata vita mortale, non fossimo similmente saliti all’eterna. Ma, poi che, tra tanta simplicitá, tra tanta innocenzia nella vita piena di tranquillitá, [essendone operatore il nemico dell’umana generazione,] furon questi due pronomi, «mio» e «tuo», seminati, tanto il santo ordine si turbò, che grandissima parte di quegli, li quali a dovere riempiere in paradiso le sedie degli angioli ribelli creati furono e sono, rovinano ad accrescere il loro numero in inferno. Entrato adunque co’ due pronomi il veleno pestifero, del voler ciascuno piú che per bisogno non gli era, nelle menti degli uomini, si cominciarono i campi a partire con le fosse, a raccogliere nelle proprie chiusure le greggi e gli armenti, a separare l’abitazioni e a prezzolar le fatiche; e, cacciata la pace e la tranquillitá dell’animo, entrarono in lor luogo le sollecitudini,