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abbiamo, noi contrasteremo a lei, si come dice Giovenale: «A T ullicm numen», ecc., perciochéil seguir noi il desiderio concupiscibile, ne fa rimaner vinti da’ movimenti di questa ministra, ecc.] E perciò segue: «Ella», cioè questa ministra e duce, «provvede, giudica e persegue Suo regno». E dice «provvede», in quanto provvedute paiono quelle cose le quali da ordinato e discreto fattore prodotte sono, si come son queste terrene da ordinato movimento de’ cieli produtte, secondo la potenzia de’ quali esse si permutano, non altramente che se da giudicio dato si movessero; e cosí par questa ministra da singolare ed occulta diliberazion perseguire quello che giudicato pare, cioè le cose commesse a lei; «come il loro» regno «gli altri dèi», cioè l’intelligenze, delle quali di sopra è detto. [E, in questa parte, l’autore, quanto piú può, secondo il costume poetico parla, li quali spesse volte fanno le cose insensate, non altramenti che le sensate, parlare e adoperare, ed alle cose spirituali danno forma corporale, e, che è ancora piú, alle passion nostre approprian deitá, e danno forma come se veramente cosa umana e corporea fossero; il che qui l’autore usa, mostrando la fortuna aver sentimento e deitá; conciosiacosaché, come appresso apparirá, questi accidenti non possano avvenire in quella cosa la quale qui l’autore nomina «fortuna», se poeticamente fingendo non s’attribuiscono. Dalle quali Azioni è venuto che alcuni in forma d’una donna dipingono questo nome di fortuna, e fascianle gli occhi, e fannole volgere una ruota, si come per Boezio, De consolatione, appare. Ma chi le fascia gli occhi, non intende bene ciò che fa, percioché, come appresso apparirá, ogni permutazion di postei va a diterminato e veduto fine; e, se l’efTetto di quella non segue, non è per ignoranza dei causatoli della permutazione, ma per lo libero arbitrio di colui in cui si dirizza, il quale avvedutamente quella ischifa.] «Le sue permutazion», che questa ministra fa nei beni temporali, «non hanno triegue», cioè intermessione alcuna, si come coloro che guerreggiano hanno ne’ tempi delle triegue; e, percioché nelle sue permutazioni non è alcun riposo, può apparire che «Necessitá la fa esser veloce». E in queste parole