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ponente, e ancora maestro, che non è marino], essi sospingono il mare impetuosamente verso questo fare, e per questo fare verso il mare di Grecia. E, se allora avviene che il mare di verso Grecia, per lo flottare del mare Oceano, il quale due volte si fa ogni di naturale, [che sospignendo la forza de’ venti marini il mare verso la Grecia, ed il mare per lo flotto] si ritragga in verso il mare Mediterraneo, scontrandosi questi due movimenti contrari, con tanta forza si percuotono e rompono, che quasi infino al cielo pare che le rotte onde ne vadino: e qual legno in quel punto vi s’abbattesse ad essere, niuna speranza si può aver della sua salute: [e cosí ancora sospignendo i venti orientali, cioè il greco, levante e scilocco, il mare di Grecia verso il fare, e per quello verso il mare Tirreno e il flotto mettendosi, avvien quel medesimo che dinanzi è detto]. E questo è quello che l’autore vuol dire: «Come fa l’onda..., Che si frange con quella in cui s’intoppa». [E sono in questo mare due cose mostruose, delle quali l’una ciò che davanti le si para trangugia, e questo si chiama Siila, ed è dalla parte d’Italia; l’altra si chiama Cariddi, e questa gitta fuori ciò che Siila ha trangugiato; ma, secondo il vero, questa Cariddi, la quale è di verso Cicilia, è il luogo dove di sopra dissi Tonde scontrarsi insieme, le quali, levandosi in alto per lo percuotersi, par che sieno del profondo gittate fuori da coloro che non veggiono la cagione della elevazione.] Dice adunque l’autore che, in quella guisa, che di sopra è mostrato, le due onde di due diversi mari si scontrano, cosi quivi due maniere di diverse genti o peccatori convenirsi scontrare. E questo intende in quanto dice: «Cosí conviene che qui», cioè in questo quarto cerchicr, «la gente riddi», cioè balli, e, volgendo, come i ballatori, in cerchio, vengano impetuosamente a percuotersi, come fanno Tonde predette. «Li», nel quarto cerchio, «vid’io gente, piú ch’altrove, troppa»; e di questo non si dee alcun maravigliare, percioché pochi son quelli che in questo vizio, che quivi si punisce, non pecchino. E poi dice a qual tormento questa gente cotanta è dannata, dicendo: «E d’una parte e d’altra con grand’urli»,