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«Si trapassammo». Qui comincia la quarta parte del presente canto, nella quale l’autore muove un dubbio a Virgilio, e scrive la soluzion di quello. Dice adunque: «Si», cioè cosi ragionando, «trapassammo», lasciato Ciacco, «per sozza mistura Dell’ombre e della pioggia», la quale, essendo, come di sopra è detto, da se medesima sozza, piú sozza ancora diveniva per la terra, la qual putiva, ricevendo la pioggia; «a passi lenti», forse per lo ragionare, o per lo luogo che non pativa che molto prestamente vi si potesse andare per uom vivo; «Toccando un poco la vita futura», cioè ragionando della futura vita. E questo mostra fosse intorno alla resurrezione de’ corpi, si per le parole passate, e si ancora per quello che appare nel dubbio mosso dall’autore. «Perch’io dissi: — Maestro», continuandomi a quello che della futura vita ragionavamo, «esti tormenti», li quali io veggio in queste anime dannate, «Cresceranno ei dopo la gran sentenza», data da Dio nell’ultimo e universal giudicio, «O fien minori», che al presente sieno, «o saran si cocenti», — come sono al presente? «Ed egli a me» ( supple ) rispose: — «Ritorna a tua scienza», alla filosofia, «Che vuol, quanto la cosa è piú perfetta, Piú senta il bene, e cosí la doglienza». E questo ci è tutto il di manifesto, percioché noi veggiamo in un giovane sano e ben disposto parergli le buone cose piacevoli e saporite, dove ad uno infermo, nel quale è molta meno perfezion che nel sano, parranno amare e spiacevoli; vedrem similmente un giovane sano con gravissima doglia sentire ogni piccola puntura, dove un gravemente malato, appena sente le tagliature e gl’incendi molte volte fattigli nella persona: e cosí adunque, si come séguita, dobbiam credere dovere avvenire a’ dannati, quando i corpi avranno riavuti, in quanto avrá il tormento in che farsi piú sentire. «Tutto», cioè avvegna, «che questa gente maladetta», cioè i dannati, «In vera perfezion». «Perfezione» è un nome il quale sempre suona in bene e in aumento della cosa, la quale di non perfetta divien perfetta: e, percioché ne’dannati non può perfezione essere alcuna, e per questo per riavere i corpi non saranno piú perfetti, ma piú tosto diminuiti, dice l’autore: «In