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mansuetudine piacere, primieramente prese ardire di toccarlo con la mano e pigliarlo per le corna e menarselo appresso; poi, cresciuto l’ardire in lei, dal disiderio tratta, vi montò su. La qual cosa sentendo Giove, soavemente portandola, a poco a poco si cominciò a recare in su il lito del mare, e, quando tempo gli parve, si gittò in alto mare. Di che la vergine, paurosa di non cader nell’acqua, attenendosi forte alle corna, quanto piú poteva lo strigneva con le ginocchia, e, in questa guisa notando, il toro da quello lito di Soria ne la portò infíno in Creti; e quivi, ripresa la sua vera forma d’uomo, giacque con lei, e in processo di tempo n’ebbe tre figliuoli, Minos e Radamanto e Sarpedone. Minos, divenuto a virile etá, prese per moglie una bellissima giovane chiamata Pasife, figliuola del Sole, e di lei generò figliuoli e figliuole, intra’ quali fu Androgeo, giovane di mirabile stificanza: il quale, ne’giuochi palestrici essendo artificioso molto, e di corporal forza oltre ad ogni altro valoroso, percioché ogni uomo vincea, fu per invidia dagli ateniesi e da’ megaresi ucciso. Per la qual cosa Minos, avendo fatto grande apparecchiamento di navilio e d’uomini d’arme per andare a vendicarlo, e volendo, avanti che andasse, sagrificare al padre, cioè a Giove, il quale il bestiale error degli antichi credea essere iddio del cielo, il pregò che alcuna ostia gli mandasse, la qual fosse degna de’ suoi altari. Per la qual cosa Giove gli mandò un toro bianchissimo,* e tanto bello quanto piú essere potesse. Il quale come Minos vide, dilettatosi della sua bellezza, uscitogli di mente quello per che ricevuto l’avea, il volle piú tosto preporre a’ suoi armenti, per averne allievi, che ucciderlo per ostia; e, fatto il sacrificio d’un altro, andò a dare opera alla sua guerra. E, assaliti prima i megaresi, e quegli per malvagitá di Scilla, figliuola di Niso, re de’ megaresi, avendosi sottomessi; fatta poi grandissima guerra agli ateniesi, quegli similmente vinse, e alla sua signoria gli sottomise e a detestabile servitudine gli si fece obbligati; tra l’altre cose imponendo loro che ogni anno gli dovesson mandare in Creti sette liberi e nobili garzoni, li quali esso donasse in guiderdone a colui che vincitor fosse ne’ giuochi palestrici, li quali