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XVII

DIGRESSIONE SULL’ORIGINE DELLA POESIA

La prima gente ne’ primi secoli, comeché rozzissima e inculta fosse, ardentissima fu di conoscere il vero con istudio, si come noi veggiamo ancora naturalmente disiderare a ciascuno. La quale veggendo il ciel moversi con ordinata legge continuo, e le cose terrene aver certo ordine e diverse operazioni in diversi tempi, pensarono di necessitá dovere essere . alcuna cosa, dalla quale tutte queste cose procedessero e che tutte l’altre ordinasse, si come superiore potenza da niuna altra potenziata. E, questa investigazione seco diligentemente avuta, s’imaginaron quella, la quale «divinitá» ovvero «deitá» appellarono, con ogni cultivazione, con ogni onore e con piú che umano servigio esser da venerare. E perciò ordinarono, a reverenzia di questa suprema potenza, ampissime ed egregie case, le quali ancora estimaron fossero da separare cosí di nome, come di forma separate erano, da quelle che generalmente per gli uomini si abitano; e nominaronle «templi». E similmente avvisaron doversi ministri, li quali fossero sacri e, da ogni altra mondana sollecitudine rimoti, solamente a’ divini servigi vacassero, per maturitá, per etá e per abito, piú che gli altri uomini, reverendi; li quali appellaron «sacerdoti». E oltre a questo, in rappresentamento della imaginata essenzia divina, fecero in varie forme magnifiche statue, e a’ servigi di quelle vasellamenti d’oro e mense marmoree e purpurei vestimenti e altri apparati assai pertinenti a’ sacrifici stabiliti per loro. E accioché a questa cotal potenzia tacito onore o quasi mutolo non si facesse, parve loro che con parole d’alto suono essa deitá fosse da umiliare e alle loro necessitá render propizia. E cosí come essi estimarono questa eccedere ogni altra cosa di nobiltá, cosí vollono che, di lungi ad ogni plebeio o publico stile di parlare, si trovasser parole degne di proferire dinanzi alla divinitá, nelle quali, oltre alle sue lode,