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Ma nondimeno le muove un dubbio, dicendo: «Ma dimmi la camion, che non ti guardi Dallo scender quaggiú in questo centro», pieno di scuritá e di pene eterne. E chiamasi «centro» quel punto il quale fa quella parte del sesto, il quale noi fermiamo quando alcun cerchio facciamo: e però chiama «centro» il corpo della terra, percioché, avendo riguardo alla grandissima larghezza della circunferenza del cielo e alla piccola quantitá del corpo della terra posta nel mezzo de’cieli, qui si può dire centro del cielo. «Dall’ampio loco», cioè dal cielo, «ove tornar tu ardi», cioè ardentemente disideri. Al quale Beatrice dice cosí: — «Da poi che vuoi saper cotanto addentro», cioè si profonda ed occulta cosa, «Dirotti brevemente — mi rispose — Perch’i’ non temo di venir qua entro», in questo carcere cieco. «Temer si dee sol di quelle cose, C’hanno potenza di fare altrui male». Si come Aristotile nel terzo dell’ Etica vuole, il non temer le cose che pcsson nuocere, come sono i tuoni, gl’incendi e’diluvi dell’acque, le ruvine degli edifici e simili a queste, è atto di bestiale e di temerario uomo; e cosí temere quelle che nuocere non possono, come sarebbe che l’uomo temesse una lepre o il volato d’una quaglia o le corna d’una lumaca, è atto di vilissimo uomo, timido e rimesso. Le quali due estremitá questa donna tocca discretamente, dicendo esser da temere le cose che possono nuocere. «Dell’altre no», cioè quelle «che non son poderose» a nuocere, e che non debbon metter paura nell’uomo, il qual debitamente si può dir forte.

E quinci dimostra sé essere di quei cotali forti, dicendo: «Io son da Dio, sua mercé»: quasi dica: non per mio merito; fatta «tale», cioè beata, alla quale cosa alcuna noiosa, quantunque sia grande, non puote offendere; «Che la vostra miseria», cioè di voi dannati, «non mi tange», cioè non mi tocca, quantunque io venga qua entro; «Né fiamma d’esto incendio», il quale è qui, E per questa parola nota quegli del limbo essere in foco, quantunque nel quarto canto l’autore dica quelli, che nel limbo sono, non avere altra pena che di sospiri. «Non m’assale», cioè non mi si appressa.