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Dunque mostra in questo la donna di conoscere da quali cose si doveva far benivolo Virgilio. E poi soggiugne la terza, dicendo: «E durerá», questa tua fama, «mentre il mondo lontana», ponendo qui il presente tempo per lo futuro, in quanto dice «lontana» per «lontanerá», cioè si prolungherá. E questo per la consonanza della rima si concede. Ed è questa terza cosa quella che piú piace a coloro li quali fama acquistano, che essa dopo la lor morte duri lunghissimo tempo, estimando che quanto piú dura, piú certo testimonio renda della virtú di colui che guadagnata l’ha. Ed in questo la donna gli compiace, in quanto gli dice quello che gli è grato ad udire; e, oltre a ciò, dicendo quella dovere essere perpetua, mostra di credere lui essere stato per sua grandissima virtú degno d’eterna fama. [Ma, percioché qui di questa fama si fa menzione, e ancora in piú parti nel processo se ne fará, e di sopra abbiamo scritta la sua origine, estimo sia commendabile il mostrare, anzi che piú procediamo, che differenza sia tra onore e laude e fama e gloria, accioché, dove nelle cose seguenti menzione se ne fará, s’intenda in che differenti sieno; e questo dico, percioché giá alcuni indifferentemente posero l’un nome per l’altro, de’ quali forse furono di quegli che non sapevano la differenza. Dico adunque che «onore» è quello il quale ad alcuno in presenza si fa, o meritato o non meritato che l’abbia; come che il meritato sia vero onore e l’altro non cosí: si come a Scipione Africano, il quale avendo magnificamente per la republica contro a Cartagine adoperato, tornando a Roma, gli fu preparato il carro triunfale e fattigli tutti quegli onori che al triunfo aspettavano, che eran molti. E questo era vero e debito onore, che per virtú di colui che il riceveva s’acquistava. A dimostrazione della qual cosa è da sapere che Marco Marcello, nel quinto suo consolato, secondo che dice Valerio, avendo vinto primieramente Clastidio, e poi Seragusa in Sicilia, e botato in questa guerra un tempio alla Virtú e all’Onore, fu per lo collegio dei pontefici giudicato a due deitá non potersi un tempio solo farsi; percioché, se alcuna cosa miracolosa in quello avvenisse, non si saprebbe a quale delle due deitá