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[Vedute le predette cose, avanti che all’ordine della lettura si vegna, pare doversi rimuovere un dubbio, il quale spesse volte giá è stato, e massimamente da litterati uomini, mosso, il quale è questo. Dicono adunque questi cotali: — Secondo che ciascun ragiona, Dante fu litteratissimo uomo, e se egli fu litterato, come si dispuose egli a comporre tanta opera e cosí laudevole, come questa è, in volgare? — A’quali mi pare si possa cosí rispondere: Certa cosa è che Dante fu eruditissimo uomo, e massimamente in poesia, e disideroso di fama, come generalmente siam tutti. Cominciò il presente libro in versi latini, cosí: Ultima regna caitam fluido contermina mando, spiritibus quae lata patent, quae proemia solvunt prò meritis cuícumque suis, ecc.

E giá era alquanto proceduto avanti, quando gli parve da mutare stilo: e il consiglio, che il mosse, fu manifestamente conoscere i liberali studi e’ filosofici essere del tutto abbandonati da’ prencipi e da’ signori e dagli altri eccellenti uomini, li quali solevano onorare e rendere famosi i poeti e le loro opere: e però, veggendo quasi abbandonato Vergilio e gli altri, o essere nelle mani d’uomini plebei e di bassa condizione, estimò cosí al suo lavorio dovere addivenire, e per conseguente non seguirnegli quello per che alla fatica si sommettea. Di che gli parve dovere il suo poema fare conforme, almeno nella corteccia di fuori, agl’ingegni de’presenti signori, de’quali se alcuno n’è che alcuno libro voglia vedere, e esso sia in latino, tantosto il fanno trasformare in volgare: donde prese argomento che, se volgare fosse il suo poema, egli piacerebbe, dove in latino sarebbe schifato. E perciò, lasciati i versi latini, in rittimi volgari scrisse, come veggiamo. Questo soluto, ne resta venire ecc., ut supra.;