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e se io rimango, chi va? — quasi esso solo fosse colui che tra tutti valesse e per cui tutti gli altri valessero. Appresso, comeché il nostro poeta nelle sue avversitá paziente o no si fosse, in una fu impazientissimo: egli infino al cominciamento del suo esilio, come i suoi passati, stato guelfissimo, non essendogli aperta la via a ritornare in casa sua, si fuor di modo diventò ghibellino, che ogni femminella, ogni piccol fanciullo, e quante volte avesse voluto, ragionando di parte e la guelfa preponendo alla ghibellina, l’avrebbe non solamente fatto turbare, ma a tanta insania commosso, che, se taciuto non fosse, a gittar le pietre l’avrebbe condotto. Certo io mi vergogno di dovere con alcun difetto maculare la chiara fama di cotanto uomo; ma il cominciato ordine delle cose in alcuna parte il richiede, percioché, se nelle cose meno laudevoli mi tacerò, io torrò molta fede alle laudevoli giá mostrate. A lui medesimo adunque mi scuso, il quale per avventura me scrivente con isdegnoso occhio d’alta parte del ciel mi riguarda.

Tra cotanta vertú, tra cotanta scienza, quanta dimostrato è di sopra essere stata in questo mirifico poeta, trovò ampissimo luogo la lussuria, e non solamente ne’ giovani anni, ma ancora ne’ maturi. E questo basti al presente de’ suoi costumi piú notabili aver contato, e all’opere da lui composte vegniamo.

XXII

LA «VITA NUOVA» E LA «COMMEDIA»

INCIDENTI OCCORSI NELLA COMPOSIZIONE DI QUESTA OPERA Compose questo glorioso poeta piú opere ne’ suoi giorni, tra le quali si crede la prima un libretto volgare, che egli intitola Vita nuova: nel quale egli e in prosa e in sonetti e in canzoni gli accidenti dimostra dell’amore, il quale portò a Beatrice. Appresso piú anni, guardando egli della sommitá del governo della sua cittá, e veggendo in gran parte qual fosse