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capitolo v 83


linconosi si partivano! De’ quali alcuno, avvegna che debole, riso, nel mezzo de’ miei mali trovava luogo, veggendomi compagnia ne’ dolori, e conoscendo per li miei mali stessi li guai altrui.

Adunque, carissime donne, cosí disposta, quale le mie parole dimostrano, m’aveano li dilicati bagni, le faticose caccie e li marini liti d’ogni festa ripieni: per che dimostrando il mio pallido viso, li sospiri continui e il cibo parimente col sonno perduti, allo ingannato marito e alli medici la mia infermitá non curabile, quasi della mia vita disperandosi, alla cittá lasciata ne tornavamo; nella quale la qualitá del tempo molte e diverse feste apprestate, con quelle, cagioni di varie angoscie m’apparecchiava. Egli avvenne, non una volta ma molte, che dovendo novelle spose andare a’ loro mariti, primieramente io, o per parentado stretto, o per amistá, o per vicinanza fui invitata alle nuove nozze, alle quali andare piú volte mi costrinse il mio marito, credendosi in cotale guisa la manifesta mia malinconia alleggiare. Adunque in questi cosí fatti giorni li lasciati ornamenti mi convenia ripigliare, e i negletti capelli, d’oro per addietro da ognuno giudicati, allora quasi a cenere simili divenuti, come io poteva in ordine rimetteva. E ricordandomi con piú piena memoria, a cui essi oltre ad ogni altra bellezza soleano piacere, con nuova malinconia riturbava il turbato animo; e alcuna volta avendo io me medesima obliata, mi ricorda che non altramente che da infimo sonno rivocata dalle mie serve, ricogliendo il caduto pettine, ritornai al dimenticato uficio. Quindi volendomi, sí come usanza è delle giovani donne, consigliare col mio specchio de’ presi ornamenti, vedendomi in esso orribile quale io era, avendo nella mente la forma perduta, quasi non quella la mia che nello specchio vedeva, ma d’alcuna infernal furia pensando, intorno volgendomi, dubitava. Ma pure, poi che ornata era, non dissimile alla qualitá dell’animo con l’altre andava alle liete feste, liete dico per l’altre, ché, come colui sa a cui niuna cosa è nascosa, nulla ne fu mai, dopo la partita del mio Panfilo, che a me non fosse di tristizia cagione.