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68 l'elegia di madonna fiammetta


«Oimè! or chi averebbe mai potuto credere che falsitá fosse nelle tue parole nascosa, e che le tue lagrime fossero con arte mandate fuori? Certo non io: anzi cosí come fedelmente parlava, cosí con fede le parole e le lagrime riceveva. E se forse in contrario dicessi, e le lagrime vere, e i saramenti e la fede prestati con puro cuore, concedasi; ma quale scusa darai tu al non averli servati cosí puramente come promessi? Dirai tu la piacevolezza della nuova donna ne è stata cagione? Certo debole fia, e manifesta dimostrazione di mobile animo. E oltre a tutto questo, sará egli per ciò satisfatto a me? Certo no. O malvagissimo giovane! Non t’era egli manifesto l’ardente amore che io ti portava e porto ancora contro a mia voglia? Certo sí era; dunque molto meno d’ingegno ti bisognava ad ingannarmi. Ma tu, acciò che piú sottile ti mostrassi poi ne’ tuoi parlari ogni arte volesti usare; ma tu non pensavi quanto poco di gloria ti seguita ad ingannare una giovane, la quale di te si fidava. La mia semplicitá meritò maggior fede che la tua non era. Ma che? Io ciò credetti non meno agl’iddii da te giurati, che a te, li quali io priego che facciano che questa sia la piú somma parte della tua fama, cioè avere ingannata una giovane che piú che sé t’amava.

«Deh, Panfilo, dimmi ora: avea io commesso alcuna cosa per la quale io meritassi da te d’essere con cotanto ingegno tradita? Certo niuno altro fallo feci verso di te giammai se non che poco saviamente di te innamorai, e oltre al dovere ti portai fede e t’amai; ma questo peccato almeno da te non meritava ricevere cotale penitenza. Veramente una iniquitá in me conosco, per la quale l’ira degl’iddii, faccendola, giustamente impetrai; e questa fu di ricevere te, scellerato giovane e senza alcuna pietá, nel letto mio, e avere sostenuto che il tuo lato al mio s’accostasse; avvegna che di questo, come essi medesimi videro, non io, ma tu se’ colpevole, il quale col tuo ardito ingegno, me presa nella tacita notte secura dormendo, come colui che altre volte eri uso d’ingannare, prima nelle braccia m’avesti e quasi la mia pudicizia