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capitolo v 67


voi come in me s’accendesse l’ardore della punizione? O iddii, rivolgete in lui alcuni di quelli pericoli, o tutti, de’ quali io giá dubitai; uccidetelo di qualunque generazione di morte piú vi piace, acciò che io ad un’ora tutta e l’ultima doglia senta, che mai debba sentire per lui, e voi e me vendichiate ad un’ora. Non consentite che io sola per li peccati di lui pianga la pena, ed egli, voi e me avendo beffati, lieto si goda con la nuova sposa, e cosí per contrario tagli la vostra spada».

Poi, non meno accesa d’ira, ma con pianto piú fiero rivolgendo a Panfilo le parole, mi ricorda che io cominciai:

«O Panfilo, ora la cagione della tua dimora conosco, ora i tuoi inganni mi sono palesi, ora veggo che ti ritiene, e qual pietá. Tu ora celebri i santi imenei, e io, dal tuo parlare e da te e da me medesima ingannata, mi consumo piangendo, e con le mie lagrime apro la via alla mia morte, la quale con titolo della tua crudeltá, debitamente segnerá la sua dolente venuta; e gli anni, i quali io cotanto disiderai d’allungare, si mozzeranno, essendone tu cagione. O scellerato giovane e pronto ne’ miei affanni! Or con che cuore hai tu presa la nuova sposa? Con intendimento d’ingannare lei, come tu hai me fatto? Con quali occhi la riguardasti tu? Con quelli con li quali miseramente me credula troppo pigliasti? Qual fede le promettesti tu? Quella che tu avevi a me promessa? Or come potevi tu? Non ti ricordi tu, che piú che una volta la cosa obbligata non si può obbligare? Quali iddii giurasti? Gli spergiurati da te? Oimè misera! che io non so quale avverso piacere l’animo t’accecò, sentendoti mio, che tu d’altrui divenissi. Oimè! per qual colpa meritai io d’esserti cosí poco a cura? Dove è fuggito di noi cosí tosto il lieve amore? Oimè! che la trista fortuna cosí miseramente costrigne i dolenti! Tu ora la promessa fede e a me dalla tua destra data, e li spergiurati iddii per li quali tu con sommo disio giurasti di ritornare, e le tue lusinghevoli parole delle quali molto eri fornito, e le tue lagrime con le quali non solamente il tuo viso bagnasti, ma ancora il mio, tutte insieme raccolte hai gittato a’ venti, e me schernendo, lieto vivi con la nuova donna.