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capitolo iv 59


Da cosí fatti ragionamenti e scuse mi sospignevano sovente i pensieri ad immaginare piú gravi cose. Io alcuna volta dicea:

«Chi sa se egli, volonteroso piú che il dovere di rivedermi e pervenire al posto termine, posposta ogni pietá di padre, e lasciato ogni altro affare, si mosse, e forse, senza aspettare la pace del turbato mare, credendo a’ marinari bugiardi e arrischievoli per voglia di guadagnare, sopra alcun legno si mise, il quale venuto in ira a’ venti e all’onde, in quelle è forse perito? Niuna altra cagione tolse Leandro ad Ero. Or chi puote ancora sapere se esso, da fortuna sospinto ad alcuno inabitato scoglio, quivi la morte fuggendo dell’acqua, quella della fame o delle rapaci bestie ha acquistata? O in su quelli come Achemenide4, forse per dimenticanza lasciato, aspetta chi qua nel rechi? Chi non sa ancora che il mare è pieno d’insidie? Forse esso da mimiche mani preso, o da pirate, è nell’altrui prigioni con ferri stretto e ritenuto. Tutte queste cose essere possono, e molte volte giá le vedemmo avvenire».

Dall’altra parte poi mi si parava nella mente non essere per terra piú sicuro il suo cammino, e in quello similmente mille accidenti possibili a ritenerlo vedea. Io, subitamente correndo con l’animo pure alle piggiori cose, estimando a lui piú giusta scusa trovare, quanto piú grave la cosa poneva, alcuna volta pensava:

«Ecco il sole, piú che l’usato caldo, dissolve le nevi negli alti monti, onde i fiumi furiosi e con onde torbide corrono de’ quali egli non pochi ha a passare. Or se egli in alcuno, volonteroso di trapassare, s’è messo, e in quello caduto e col cavallo insieme tirato e ravvolto ha renduto lo spirito, come può egli venire? Li fiumi non apparano ora di nuovo a fare queste ingiurie a’ camminanti, né a tranghiottire gli uomini. Ma se pur da questo è campato, forse negli agguati de’ ladroni è incappato e rubato, e ritenuto è da loro: o forse nel cammino infermato in alcuna parte ora dimora, e ricuperata la sanitá, senza fallo qui ne verrá».