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capitolo iii 53


lunga fiata, immaginando che cosí in essa fossero allora gli occhi del mio Panfilo fissi come i miei! Il quale io ora non dubito che, essendogli io giá uscita di mente, non che egli alla luna mirasse, ma solo un pensiero non avendone, forse nel suo letto si riposava. E ricordami che io, della lentezza del córso di lei crucciandomi, con varii suoni, seguendo gli antichi errori, aiutai i córsi di lei alla sua ritonditá pervenire; alla quale poi che pervenuta era, quasi contenta dello intero suo lume, alle nuove corna non pareva che di tornare si curasse, ma pigra nella sua ritonditá dimorava, avvegna che io di ciò l’avessi quasi in me medesima talvolta per iscusata, piú grazioso reputando lo stare con la sua madre, che negli oscuri regni del suo marito tornare. Ma bene mi ricordo che spesso giá le voci in prieghi per li suoi agevolamenti usate io le rivolsi in minacce, dicendo:

«O Febea, mala guiderdonatrice de’ ricevuti servigi, io con pietosi prieghi le tue fatiche m’ingegno di menomare, ma tu con pigre dimoranze le mie non ti curi d’accrescere. E però, se piú a’ bisogni del mio aiuto cornuta ritorni, me cosi allora sentirai pigra, come io ora te discerno. Or non sai tu, che quanto piú tosto quattro volte cornuta, e altrettante tonda t’avrai mostrata, cotanto piú tosto il mio Panfilo tornerammi? Il quale tornato, cosí tarda o veloce come ti piace corri per li tuoi cerchi».

Certo quella demenza medesima che me a fare cotali prieghi induceva, quella stessa tolse sí me a me, che ella mi fece parere alcuna volta che essa temorosa delle mie minacce, s’avacciasse nel córso suo a’ miei piaceri, e altre volte, quasi non curantesi di me, piú che l’usato parea che tardasse. Questo riguardarla sovente me si nota del suo andamento rendeo, che ella né di corpo piena o vota, in alcuna parte era del cielo, o con qualunque stella congiunta, che io non avessi il tempo della notte passato, e l’avvenire giudicato dirittamente; similemente l’una e l’altra Orsa, se essa non fosse paruta, per lunga notizia me ne facevano certa. Deh, chi crederebbe che Amore m’avesse potuto mostrare astrologia,