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capitolo i 27


di me primamente stati eravamo presi, con quanti accidenti poi n’erano seguitati, e a’ luoghi e alle persone pertinenti alla novella dando convenevoli nomi. Certo io ne risi piú volte, e non meno della sua sagacitá che della semplicitá degli ascoltanti; e tal volta fu che io temetti che troppo caldo non trasportasse la lingua disavvedutamente dove essa andare non voleva; ma egli, piú savio che io non pensava, astutissimamente si guardava dal falso latino.

O pietosissime donne, che non insegna Amore a’ suoi suggetti, e a che non li fa egli abili ad imparare? Io, semplicissima giovane e appena potente a disciogliere la lingua nelle materiali e semplici cose tra le mie compagne, con tanta affezione li modi del parlare di costui raccolsi, che in brieve spazio io avrei di fingere e di parlare passato ogni poeta; e poche cose furono alle quali, udita la sua posizione, io con una finta novella non dessi risposta dicevole. Cose assai, secondo il mio parere, male agevoli ad imprendere, e molto piú ad operare ad una giovane, ho raccontate, ma tutte piccolissime, e di niuno peso parrebbono, scrivendo io, se la materia presente il richiedesse, con quanta sottile esperienza fosse per noi provata la fede d’una mia familiarissima serva, alla quale diliberammo di commettere il nascoso fuoco ancora a niun’altra persona palese, considerando che lungamente non senza gravissimo affanno, non essendovi alcuno mezzo, si poteva servare. Oltre a questo sarebbe lungo il raccontare quanti e quali consigli e per lui e per me a varie cose fossero presi; forse, non che per altrui operati, ma appena ch’io creda che pensati giammai; le quali tutte, ancora che io al presente in mio detrimento le conosca operate, non però mi duole d’averle sapute.

Se io, a donne, non erro immaginando, egli non fu piccola la fermezza degli animi nostri, se con intera mente si guarda quanto diffícile cosa sia due amorose menti, e di due giovani, sostenere un lungo tempo che esse, o d’una parte o d’un’altra da soperchi disii sospinte, della ragionevole via non trabocchino; anzi fu bene tanta e tale, che li piú forti