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nota 249
Edizione Moutier Nostra Edizione
Cap. VIII » 153 si conservasse si convertisse
» » il dimostrò il dimostra
» 156 descritte in pene descritte
» 158 s’appigli s’appicchi
» 159 e con piú sostenuta e piú sostenente
» » continua continuo
» » nel tristo seno nel tristo senno
» » il male in male
» 161 se non di Panfilo se non Panfilo
» 165 le seconde febbri le febbri
Cap. XI » 166 Tale Adunque tale
» 168 da lungi dalla lunga
» » e continua in continua

Le Chiose oltre che nei margini del codice Laurenziano XLII, 7, giá descritto, si trovano raggruppate insieme nelle carte 167-177 del codice Riccardiano 1126 (cartaceo, del sec. XV, miscellaneo). I due manoscritti hanno in comune errori e lacune, presentano il testo trascritto con le medesime deformazioni dialettali originariamente venete, ma contaminate con influenze meridionali, e coincidono nel dare la seguente avvertenza: «Per aver vera notizia di questo libro il quale non nomina onde fossero questi due amanti se non con latenti significazioni, è da sapere che madonna Fiammetta fu della cittá di Napoli dove essa si denomina in questo libro quando dice nella nostra Partenope, cioè Napoli, così denominata da una vergine che vi morio che ebbe nome Partenope; e Panfilo fu della cittá di Venezia, e questo dimostra il presente libro quando dice delle parti di Illiria però che Illiria è proprio quel paese ove è posta Venezia». Il compilatore veneto di questa avvertenza, per dare a Panfilo come patria Venezia, accomoda al suo scopo il testo dell’Elegia che non legge Illiria, ma Etruria.

I due manoscritti sono tuttavia indipendenti l’uno dall’altro perché alcune chiose che non si trovano nell’uno sono nell’altro, e viceversa. Per dare il testo critico delle Chiose non basta ricostituire il capostipite dei due manoscritti, ma bisogna eliminare tutte le deformazioni dialettali che erano giá nel capostipite: e