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l'elegia di madonna fiammetta |
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gallo», il quale scrisse la favola di Cupido che era andato all’Èrebo, e, veduto «da le herodiade matrone», alle quali egli in
questa vita «havea facto de molti gravissimi affanni suffrire»,
fu da esse preso e posto in croce sopra un mirto. Di tanta efficacia sono «gli amorosi advenimenti che sustengono gli innamorati pecti, che doppo questa vita cierchano anchora di quelle
fiamme amorose vindicarsi». E questo ancora dimostra Virgilio
nell’atteggiamento di Didone verso Enea nell’inferno. Dai pensieri amorosi procedono «tanti cocenti martiri, tante suspitione
d’animo, tante mutatione di mente che meritamente quello di
Plauto nella Cistellaria possiamo dire: «Io son tutto d’amore
squassato, e me cruccio e sono agittato e non so dove. E son
senza anima tirato e non tirato, e cosí nulla di fermo ho in
l’animo mio. Sonno in un loco dove non sono e lá e l’animo
mio. Sí che l’animo amoroso è come il refluxo de l’eurippo mare
che mai non sta forte». Il Boccaccio scrisse quest’opera «per
amore de madonna Maria figliola naturale de l’inclito re Roberto
di Neapoli signore, la quale essendo in Franza maridata in uno
nipote del re, per certe differenze come negli signori sogliono
accadere, non fu troppo del marito contenta, ma d’uno siculo
innamorata lungamente da lui abandonata si dolse; o vero d’alcuna altra de piú bassa conditione, o vero che tal cosa senza
nessuno pensare egli l’abbia fatto, ch’io nol credo; pur la prima
opinione mi pare essere vera. Scripsi ancora il Philostrato per
costei quando il padre di madonna Maria non volse che l’andasse
in Franza dal suo marito... Questo è che nel dicto libro finge
Chriseida havere Troylo abandonato e essere possia de Diomede
innamorata». Per il Filocolo lo Squarciafico rimanda a quanto
egli aveva scritto sulla vita del Boccaccio per l’edizione di quell’opera nel 1467. In fine, l’elogio del Boccaccio come prosatore
in volgare: «Quanto sia polito, terso e eloquente il nostro Boccacio, in questo suo idioma volgare ciaschuno huomo d’ingegno
il può e debbe per il piú excellente che alcuno altro iudicare,
dico in soluta orazione. E tutti li suoi libri quali in questa vernacula lingua egli ha scripto testimonianza verissima ni mostrano.
E questo tu Phedrone che in questo e in ogni altra cosa ti reputi
havere iudicio, questo per il dovere, e non ti muova l’origine di
Firenze dove tu sei e de la quale il poeta di cui scriviamo fu
citadino; ma la veritá ti muova a questo diffendere: perché molte
fiade vi vedo a la bibliotecha del nostro Antimaco brixiense di