Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/123


capitolo vi 117


quale peccato, quale iniquitá vi ti condusse? Oimè! che io medesima noi conosco. Solamente le cose liberamente possedute sogliono essere riputate vili, quantunque elle sieno molto care; e quelle che con malagevolezza s’hanno, ancora che vilissime sieno, sono carissime riputate. La troppa copia del mio marito, a me da dovere essere cara, m’ingannò, e io, forse potente a resistere, quello che io non feci miseramente piango; anzi senza forse era potente, se io voluto avessi, pensando a quello che gl’iddíi e dormendo e vigilando m’aveano mostrato la notte, e la mattina precedente alla mia ruina.

«Ma ora che da amare, per ch’io voglia, non mi posso partire, conosco qual fosse la serpe che me sotto il sinistro lato trafisse, e piena si partí del mio sangue; e similmente veggo quello che la corona caduta del tristo capo volle significare: ma tardi mi giugne questo avvedimento. Gl’iddii forse a purgare alcuna ira contra me concreata, pentuti de’ dimostrati segni, di quelli mi tolsero la conoscenza, non potendo indietro tornarli, altresí come Apollo all’amata Cassandra6, dopo la data divinitá tolse l’essere creduta: laond’io, in miseria costituta non senza ragionevole colore, consumo la mia vita».

E cosí dolendomi e voltandomi e rivoltandomi per lo letto, quasi tutta la notte passai senza potere alcuno sonno pigliare, il quale, se forse pure entrava nel tristo petto, sí debole in quello dimorava, che ogni picciolo mutamento l’avrebbe rotto; e come che egli ancora fievole fosse, senza fiere battaglie nelle sue dimostrazioni alla mia mente non dimorava con meco. E questo non solamente quella notte, della quale di sopra parlo, m’avvenne, ma prima molte volte, e poi quasi continuamente m’è avvenuto; per che eguale tempesta, vegghiando e dormendo, sente e ha sentito l’anima tuttavia. Non tolsero le notturne querele luogo alle diurne, anzi quasi come del dolermi scusata, per le bugie dette al mio marito, quasi da quella notte innanzi non mi sono ridottata di piangere e di dolermi in pubblico molte volte. Ma pure venuta la mattina la fida nutrice, alla quale niuna parte de’ danni miei era nascosa, però