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capitolo vi 115


dezza cagione; ma io ora manifestamente conosco che angoscia d’animo t’ha condotta a quello in che io ti veggio; per che io ti priego che quello che di ciò t’è cagione mi scuopra. —

Al quale io con feminile subitezza preso consiglio al mentire, il quale mai per addietro mia arte non era stata, cosí rispondo:

— Marito a me piú caro che tutto l’altro mondo, niuna cosa mi manca la quale per te si possa, e te piú degno di me senza fallo conosco, ma solo a questa tristizia per addietro e al presente recata m’ha la morte del mio caro fratello, la quale tu sai. Essa a questi pianti, ogni volta che a memoria mi torna, mi strigne; e non certo tanto la morte, alla quale noi tutti conosco che dobbiamo venire, quanto il modo di quella piango, il quale disavventurato e sozzo conoscesti, e oltre a ciò le male andate cose dopo lui a maggior doglia mi stringono. Io non posso sí poco chiudere o dare al sonno gli occhi dolenti, come egli pallido, di squallore coperto e sanguinoso, mostrandomi l’acerbe piaghe m’apparisce davanti. E pure testé, allora che tu pianger mi sentisti, di prima m’era egli nel sonno apparito con immagine orribile, stanco, pauroso, e con ansio petto, tale che appena pareva che potesse le parole riavere; ma pur con fatica grandissima mi disse: «O cara sorella, caccia da me la vergogna, che con turbata fronte mirando la terra, mi fa tra gli altri spiriti andare dolente». Io, ancora che di vederlo alcuna consolazione sentissi, pure vinta dalla compassione presa dell’abito suo e delle parole, subito riscotendomi, fuggí il sonno, al quale a mano a mano le mie lagrime, le quali tu ora consoli, solvendo il debito dell’avuta pietá, seguitarono; e, come gl’iddii conoscono, se a me l’armi si convenissero, giá vendicato l’averei, e lui tra gli altri spiriti renduto con alta fronte, ma piú non posso. Adunque, caro marito, non senza cagione miseramente m’attristo. —

Oh quante pietose parole egli allora mi porse, medicando la piaga, la quale assai davanti era guarita, e li miei pianti s’ingegnò di rattemperare con quelle vere ragioni, che alle