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114 l'elegia di madonna fiammetta


donandosi, come egli a me s’è tolto, in quella vita il lasci che egli ha me lasciata».

E quinci, torcendomi con movimenti disordinati, su per il letto impetuosa mi gitto e mi rivolgo.

Quel giorno tutto non fu in altre voci che nelle predette o in simili consumato; ma la notte, assai piggiore che ’1 giorno ad ogni doglia, in quanto le tenebre sono piú alle miserie conformi che la luce, sopravvenuta, avvenne che, essendo io nel letto a lato al caro marito, tacita per lungo spazio ne’ pensieri dolorosi vegghiando, e nella memoria ritornandomi, senza essere da alcuna cosa impedita, tutti li tempi passati, cosí li lieti come li dolenti, e massimamente l’avere Panfilo per nuovo amore perduto, in tanta abbondanza mi crebbe il dolore che, non potendolo ritenere dentro, piangendo forte con voci misere lo sfogai, sempre di quello tacendo l’amorosa cagione. E sí fu alto il pianto mio che essendo giá per lungo spazio nel profondo sonno stato involto il mio marito, costretto da quello si risvegliò, e a me, che tutta di lagrime era bagnata, rivoltosi, nelle braccia recandomisi, con voce benigna e pietosa cosí mi disse:

— O anima mia dolce, qual cagione a questo pianto cosí doloroso nella quieta notte ti muove? Qual cosa, giá è piú tempo, t’ha sempre malinconica e dolente tenuta? Niuna cosa, che a te dispiaccia, dèe essere a me celata. È egli alcuna cosa, la quale il tuo cuore disideri, che per me si possa, che dimandandola tu, fornita non sia? Non se’ tu solo mio conforto e bene? Non sai tu che io sopra tutte le cose del mondo t’amo? E di ciò non una prova, ma molte ti possono far vivere certa. Dunque perché piangi? Perché in dolore t’affliggi? Non ti paio io giovane degno alla tua nobiltá? O rèputimi colpevole in alcuna cosa, la quale io possa ammendare? Dillo, favella, scuopri il tuo disio: niuna cosa sará che non s’adempia, solo che si possa. Tu, tornata nell’aspetto, nell’abito e nelle operazioni angosciosa, mi dai cagione di dolorosa vita, e se mai dolorosa ti vidi, oggi mi se’ piú che mai apparuta. Io pensai giá che corporale infermitá fosse della tua palli-