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capitolo v 105


sotto il mio mantello, copiosamente le spando, e meco con cotali parole mi dolgo:

«O bellezza, dubbioso bene de’ mortali, dono di picciolo tempo, la quale piú tosto vieni e partiti, che non fanno ne’ dolci tempi della primavera i piacevoli prati risplendenti di molti fiori, e gli eccelsi arbori carichi di varie frondi, li quali, ornati dalla virtú d’Ariete37, dal caldo vapor della state sono guasti e tolti via; e se forse alcuni pure ne risparmia il caldo tempo, niuno dall’autunno è risparmiato; cosí e tu bellezza, le piú volte nel mezzo de’ migliori anni da molti accidenti offesa perisci, alla quale, se forse pure ti perdona la giovinezza, la matura etá a forza te resistente ne porta. O bellezza, tu se’ cosa fugace, non altramente che l’onde mai non tornanti alle sue fonti, e in te fragile bene niuno savio si dée confidare. Oimè! quanto giá t’amai, e quanto a me misera fosti cara, e con sollecitudine riguardata, ora, e meritamente, ti maledico. Tu prima cagione de’ miei danni, e prenditrice prima dell’animo del caro amante, lui non hai avuto forza di ritenere, né lui partito di rivocare. Se tu non fossi stata, io non sarei piaciuta agli occhi vaghi di Panfilo; e, non essendo piaciuta, egli non si sarebbe ingegnato di piacere alli miei; e non essendo egli piaciuto, sí come piacque, ora non avrei queste pene. Dunque tu sola cagione e origine se’ d’ogni mio male. Oh, beate quelle che senza te li rimproveri della rustichezza sostengono! Esse caste le sante leggi osservano, e senza stimoli possono vivere con l’anime libere dal crudele tiranno Amore; ma tu a noi cagione di continuo infestamento ricevere da chi ci vede, a forza ci conduci a rompere quello che piú caramente si dée guardare. O felice Spurinna38, e degno d’eterna fama, il quale, li tuoi effetti conoscendo, nel fiore della sua gioventude da sé con mano acerba ti discacciò, eleggendo piuttosto volere da’ savii per virtuosa opera essere amato, che dalle lascive giovani per la sua concupiscevole bellezza. Oimè! Cosí avessi fatto io! Tutti questi dolori, questi pensieri e queste lagrime sarebbono lontane, e la vita per addietro corrotta ancora ne’ termini primi laudevoli si sarebbe».