goscie come io ho. A costui non l’alte torri, non l’armate
case, non la molta famiglia, non i dilicati letti, non i risplendenti drappi, non i correnti cavalli, non centomilia altre cose
involatrici della miglior parte della vita, sono cagione d’ardente cura. Questi, de’ malvagi uomini, non cercanti ne’ luoghi rimoti e oscuri li furti loro, vive senza paura; e, senza
cercare nell’altissime case i dubbiosi riposi, l’aere e la luce
dimanda, e alla sua vita è il cielo testimonio. Oh, quanto è
oggi cotale vita male conosciuta, e da ciascuna cacciata come
nemica, dove piuttosto dovrebbe essere, come carissima, cercata da tutti! Certo io arbitro che in cotale maniera vivesse
la prima etá, la quale insieme gli uomini e gl’iddii produceva. Oimè! Niuna è piú libera né senza vizio o migliore
che questa, la quale li primi usarono e che colui ancora oggi
usa, il quale, abbandonate le cittá, abita nelle selve. Oh felice il mondo, se Giove mai non avesse cacciato Saturno, e
ancora l’etá aurea durasse sotto caste leggi! Però che tutti
alli primi simili viveremmo. Oimè! che chiunque è colui li
primi riti servante, non è nella mente infiammato dal cieco
furore della non sana Venere, come io sono; né è colui che
sé dispose ad abitare ne’ colli de’ monti, suggetto ad alcuno
regno: non al vento del popolo, non all’infido vulgo, non
alla pestilenziosa invidia, né ancora al favore fragile di fortuna, al quale io troppo fidandomi, in mezzo l’acque per
troppa sete perisco. Alle picciole cose si presta alta quiete,
come che grandissimo fatto sia senza le grandi potere sostenere di vivere. Quegli che alle grandissime cose soprasta, o
disidera soprastare, seguita li vani onori delle trascorrenti
ricchezze; e certo le piú volte alli falsi uomini piacciono gli
alti nomi, ma quegli è libero da paura e da speranza, né conosce il nero lividore dell’invidia divoratrice e mordente con
dente iniquo, che abita le solitarie ville, né sente gli odii
varii, né gli amori incurabili, né li peccati de’ popoli mescolati alle cittadi, né, come conscio di tutti gli strepiti ha dottanza, né gli è a cura il comporre fittizie parole, le quali lacci
sono ad irretire gli uomini di pura fede: ma quell’altro,