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capitolo v 99


goscie come io ho. A costui non l’alte torri, non l’armate case, non la molta famiglia, non i dilicati letti, non i risplendenti drappi, non i correnti cavalli, non centomilia altre cose involatrici della miglior parte della vita, sono cagione d’ardente cura. Questi, de’ malvagi uomini, non cercanti ne’ luoghi rimoti e oscuri li furti loro, vive senza paura; e, senza cercare nell’altissime case i dubbiosi riposi, l’aere e la luce dimanda, e alla sua vita è il cielo testimonio. Oh, quanto è oggi cotale vita male conosciuta, e da ciascuna cacciata come nemica, dove piuttosto dovrebbe essere, come carissima, cercata da tutti! Certo io arbitro che in cotale maniera vivesse la prima etá, la quale insieme gli uomini e gl’iddii produceva. Oimè! Niuna è piú libera né senza vizio o migliore che questa, la quale li primi usarono e che colui ancora oggi usa, il quale, abbandonate le cittá, abita nelle selve. Oh felice il mondo, se Giove mai non avesse cacciato Saturno, e ancora l’etá aurea durasse sotto caste leggi! Però che tutti alli primi simili viveremmo. Oimè! che chiunque è colui li primi riti servante, non è nella mente infiammato dal cieco furore della non sana Venere, come io sono; né è colui che sé dispose ad abitare ne’ colli de’ monti, suggetto ad alcuno regno: non al vento del popolo, non all’infido vulgo, non alla pestilenziosa invidia, né ancora al favore fragile di fortuna, al quale io troppo fidandomi, in mezzo l’acque per troppa sete perisco. Alle picciole cose si presta alta quiete, come che grandissimo fatto sia senza le grandi potere sostenere di vivere. Quegli che alle grandissime cose soprasta, o disidera soprastare, seguita li vani onori delle trascorrenti ricchezze; e certo le piú volte alli falsi uomini piacciono gli alti nomi, ma quegli è libero da paura e da speranza, né conosce il nero lividore dell’invidia divoratrice e mordente con dente iniquo, che abita le solitarie ville, né sente gli odii varii, né gli amori incurabili, né li peccati de’ popoli mescolati alle cittadi, né, come conscio di tutti gli strepiti ha dottanza, né gli è a cura il comporre fittizie parole, le quali lacci sono ad irretire gli uomini di pura fede: ma quell’altro,