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— «Oh Conny, Conny! non essere scortese!» e mi stampò un gran bacio sulla fronte.
Chi avrebbe resistito?
Ordinai che attaccassero. Mentre mi vestivo, l’Elisa, seduta alla mia toeletta, si accomodava il cappellino.
— «Sai? — diceva — «la mamma stamattina è venuta a trovarmi. Era ansiosa di sapere com’era andata la festa: aveva però già incontrato l’Antonietta e sapeva già di quel cotillon così poco spiritoso. Le ho detto dell’orribile abito dell’Emma! N’è rimasta sorpresa anche lei... Ti pare che mi stia bene questo berretto, Conny?... Senti: le ho detto del tuo successone: ne è stata felicissima: se non isbaglio s’è riconciliata con te. Non te ne sei accorta?»
Io stavo per rispondere, ma ella continuò. — «Ah, ah! sai? Gian Carlo voleva sapere dove si andasse; non voleva dirglielo: finii col dargli ad intendere che si andava sui bastioni nell’ora che non c’è nessuno, poi si sarebbe finite al Cova a mangiare un africano. Ma scommetto che riesce a trovarci ugualmente quel matto: vedrai!»
— «Conny!» — mi dimandò a un tratto mentre si strappava un pelo che le spunta ostinato da una piccola lente, e arricciava il nasino per il dolore.
— «Ahi! che peccato! mi s’è rotto senza strapparsi: Senti dunque... Che cosa ti dicevo?»
— «Nulla.»
— «Ma sì: ti ho domandato se ti piace mio fratello.»