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verso mezzogiorno, egli entrò nel mio salotto: io mi ero appena alzata, perchè avevo ballato tutta la notte in casa S***. Non so perchè rimasi così confusa a vederlo, e non trovavo modo di avviar un discorso. Egli fece i suoi inchini, forse con maggior gravità del solito: aspettò che gli dicessi di sedersi, ringraziò, si sedette e mi fece i suoi complimenti per il furoreche avevo destato in casa S***. Glielo aveva detto sua moglie, e un amico che aveva trovato quella mattina al Cova.
Ma ad un tratto mi domandò:
— «Sei in collera, Conny?»
— «In collera! no:» risposi; «perchè dovrei essere in collera?» e sorrisi.
— «Davvero?... È però molto tempo che non ci vediamo: lo sai?» E si chinò per guardarmi negli occhi. Perchè io non li alzai? e non gli lasciai leggere che cosa passava nel mio sguardo?
— «Senti, cara ragazza: parliamo un pochino sul serio, eh?»
— «Che? abbiamo forse finora parlato per ridere?»
Egli mi prese una mano:
— «Conny, Conny: non tentar di scherzare quando non ne hai la voglia! Tu non sei buona di fingere. Mi vuoi ascoltare?»
— «Ma si figuri!»
Vi fu un momento di silenzio.