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— «L’ha veduta?» mi disse piano il conte Rinaldi.
— «Sì:» risposi. «Ma forse hanno ragione i miei cugini. C’è in lei qualcosa che allontana. Non le pare?»
Perchè mi guardò in quel modo, attonito, fisso, e le sue labbra si agitarono senza che ne uscisse una parola?
Carletto chiacchierava col tenente e con l’Elisa, ma sentivo il suo braccio avvicinarsi sempre più al suo petto, e mi pareva di sentire battere il suo cuore sotto la mia mano.
Mi invase un senso indefinibile di piacere e di sgomento: le idee mi turbinavano: il cuore mi batteva con violenza. Non sentivo e non vedevo più nulla.
Si arrivò alla carrozza: mia cugina salì, ed io dopo di lei.
— «Ma dove hai la testa, Conny» mi disse.
«Non senti che il Rinaldi ti saluta?»
Io sporsi la mano dallo sportello: e soltanto quando me la sentii stretta dalla mano lunga e magra del conte, mi riscossi, e mi risvegliai come se avessi sognato.