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— «Che! mio marito che dà torto alla Conny?» esclamò con un sorriso l’Elisa, sollevando il suo visino rosa.
— «E ragione a me! questa è più strana ancora!» aggiunse ridendo Carletto.
— «Ma va avanti» disse Filippo «ero curioso di sentire che cosa volevi dire con quel ma.»
— «Che ma? Davvero non so più che cosa stavo dicendo.»
— «Se non ho capito male, volevi dire alla Conny che quel che la abbaglia e desta la sua ammirazione, non ha spesso altro movente che qualche desiderio ambizioso o cattivo, e tende a un brutto fine. Non volevi dir questo?»
— «Veramente volevo dire il contrario, ma fa lo stesso,» rispose Carletto con un’aria seccata.
Io ero confusa, credo per la prima volta; non sapevo più come rispondere e l’avevo con Carletto: sopratutto con que’ suoi occhi che mi guardavano sempre.
— «Conny! ti sei lasciata sopraffare?» mi dimandò sorpreso Filippo.
Io feci segno di no, e mi prese un colpo di tosse.
— «Vedete» dissi poi ridendo. «Ci avevo qui tanto dispetto che ho dovuto tossire, se no mi soffocava. Ora è passato. Dunque? parlo chiaro anch’io? È verissimo che non vedevo in voi altri, profumati ed eleganti, che tanti ragazzi leggeri e vuoti.»
Ma perchè Carletto sorrise con tanta dolcezza?