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— «Oh, se me li volesse prestare, mi farebbe un gran piacere! Sono degli anni che ho questo desiderio!»

Degli anni! e ci voleva così poco a soddisfarla, poverina!

— «Te li mando giù subito: infatti sono bellissimi» le dissi.

— «E morali:» ella aggiunse seria. «Ora mi pare che non ne scrivano più di quei libri così buoni. Le ragazze leggono certi romanzi che scaldano il sangue e rovinano il cuore. Per noi povera gente ci vogliono storie di poveri, storie di buoni, per darci un po’ di coraggio a sopportare lo nostre miserie.»

Poi si mise a ridere. «Veda che stupida sono mai! A volte mi figuro di scrivere io un libro!...» ma si interruppe. — «Li ha visti?» mi dimandò indicendomi due ritratti appiccicati al muro, l’uno accanto all’altro.

Guardai: oh! il Manzoni e il suo amico Rossari!

— «Si ricorda» mi disse «quando il povero professor Rossari veniva a visitare le scuole? Com’era buono! come parlava, povero vecchietto! Io ho una sua lettera; lo sa?»

No: non lo sapevo: la pregai di farmela vedere.

Ella aperse un cassetto: prese una scatola di torrone, e ne levò una lettera. Oh sì; era la sua scrittura minuta, tremante, ma chiara.

— «Mio buon Moscerino» diceva la lettera — «lasci

Donnina Forte 3