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Non credo che, viventi, la moderna poesia femminile raccoglierebbe il loro plauso. Non più la facile vena improvvisatrice e le «stanze a rima obbligata» di Giannina Milli; non più i poemetti elaborati e le canzoni religiose e patriottiche e i sonetti di compassata perfezione di Alinda Brunamonti, ma una poesia nuova che è nervo più che muscolo, ed insieme musica, numero, colore, sostanza.

Pure, alla classica fonte, materiate però di maggior sentimento e di maggior vigoria altre si avvicinano ancora: gloriose morte quali Vittoria Aganoor e Adele Galli, gloriose viventi quali Luisa Anzoletti ed Elda Gianelli.

Non modernissime, se poesia moderna vuol dire ricerca tormentosa d’ogni intimo moto dell’anima, se vuol dire affannoso ripiegarsi su se stessa, analisi quasi crudele, audacia di concetto e di ispirazione, sincerità quasi brutale, raffinatezza scrupolosa di mezzo e di forma.

Non ancora moderna la poesia di Vittoria Aganoor in cui l’anima poetica femminile rivisse più fulgidamente quando già si credeva che con la