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rinnegati, di non giudicare i versi di Luisa Bruschetti. E possiamo dire anzi che li giudica migliori dei suoi più recenti.

In La Voce, giovanissima, ancora fra i banchi della scuola, ella aveva un’anima canora magnifica di vigore, che più tardi, se si è ingentilita, ha perso però tutta la sua originalità.

Forse il giudizio è severo: ma se ora ella è più buona, allora ella era migliore.

Ed è profondo il rimpianto ch’io provo per quel mirabile ingegno che l’amore ha illimpidito così da farne una cosa incolore. Ma l’amore doveva essere il canto più bello, in lei; doveva tradursi anch’esso in forza, in verso.

Non a questo, non a questo era nata la creatura d’orgoglio che or si compiace di umiltà, la creatura di ardire che or si compiace di soavità, la creatura di passione che ora si compiace di candore.

Sincera? Non so.

Forse è sincera nell’adorazione dell’uomo suo, non nelle parole che esprimono questa adorazione.