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mente; è in lei l’esasperata ricerca di intime profondità là ove è solo bellezza di forme e di colore; è in lei il pudore di dire troppo di sè che la fa avvolgere in un velo supremamente estetico, ma non sempre efficace. Ella ci fa l’impressione che qualcuno le abbia suggerito: «Non dire troppo di te: non è di buon gusto. Non bisogna cantare per cantare. Bisogna cantare qualche cosa». Ed ella cerca affannosamente questo qualche cosa; tenta di chiuderlo entro confini di miglior gusto, ma il bel fiume straripa.
Assolutamente passionale, io penso che i più bei canti d’amore ella li abbia rinchiusi, per tema di profanazione. Questi pochi ch’ella ci rivela sono avvolti anch’essi in un simbolico ammanto che però non nuoce loro; impersonali, essi si prestano perciò ad ogni anima che legga, si confanno a tutte le vicende ed a tutti i cuori.
Ma non sempre le riesce questa adombratura di sè, che forse, io penso, racchiude un segreto compiacimento di mistero.
Noi la sentiamo abborrire profondamente da tutto ciò che è calma indifferenza, ristagno di e-