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Schiaparelli, due creature che nello stesso anno diedero il loro canto egualmente bello.

Contrasto, non solo d’anima e di arte, ma anche di fisico; l’una, Cesarina Rossi, piccolo viso pensoso, bocca un poco dura, serrata; semplicemente profonda nello sguardo; l’altra, Elsa Schiaparelli, seducentissima, agile e snodata e vibrante come il serpentello di maglia argentea che si compiace di portare al collo.

Poesia di anima nordica e poesia di anima orientale; la prima spoglia di ogni orpello; un poco arida, forse; un poco stentata, sforzata entro i rigidi confini del pensiero da lei voluti; poesia veramente interiore e perciò vera poesia. Molti, superficialmente presi dal fascino di quel titolo e di quel nome femminile, confessarono poi di non avervi trovato alcun atomo di poesia, alcun palpito d’arte. L’errore è grossolano.

Non tutta poesia è ritmo o meglio, non tutto ritmo è poesia.

L’anima di Cesarina Rossi, se non è musicale, se non si lascia cullare dal facile affluire di armonie che spesso tentano, più della profondità