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Profondamente pura anche nel più passionato ardore, eternamente infantile anche nella maturità, è tutta lei in un suo libro: la più musicale e più armoniosa nostra creatura femminile – la donna amante carezzevolmente buona.
Tutto l’amore di cui si è alimentata l’ha resa simile al vaso di alabastro in cui arda una fiamma; simile alle creature create da Maeterlinck per la gioia dei nostri occhi, tanto sono squisitamente belle; e l’amore delle favole, ch’ella ha portato profondo sin dalla sua infanzia, l’ha mutata in una sorella minore di quelle sottili innamorate che l’incanto di un mago teneva prigioniere in castelli misteriosi e inacessibili.
E tutto ciò è deliziosamente estetico, se non è molto profondo: e la sua poesia è come una musica un poco lontana che accompagni una danzatrice, nello scenario un po’ artefatto e stilizzato di un giardino settecentesco: voi la vedete in guardinfante, la bocca troppo rossa nel viso troppo pallido, sotto l’onda bianca dei capelli, con un piccolo neo provocante all’angolo dell’occhio, ove si riflette tutto lo smorto azzurro di un cielo