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salvato qualche cosa di acerbo, di crudo, che non è mai volgare ma che piace come ogni espressione di sentita sincerità.
Quanto cammino dai primi versi di Motta Visconti per l’aspra poetessa che adolescente fu dichiarata ribelle e che ribelle si è mantenuta ancora!
Cinque tappe, nella sua vita; cinque volumi materiati di lacrime, non nella freddezza compassata delle rime, ma composti giorno per giorno, in periodi tumultuosi: tutta l’anima e il sangue della poetessa nostra vi sono passati e distillati goccia a goccia.
Qualcuno ha rimpianto la sua foga ventenne e davanti ai suoi due ultimi libri, i più dolorosi (Dal Profondo ed Esilio), si sono compiaciuti nella critica demolitrice non pensando che tutta una vita era passata fra essi e lei.
Tutta una vita che nessuno ha il diritto di indagare, ma che deve averla bruciata fin nelle viscere, se ancora le sue ultime liriche sono così apre e dolorose.
Come pretendere che i suoi versi d’oggi siano quali glieli dettava la solitudine e la miseria?