Pagina:Biologia marina.djvu/34

10 Capitolo primo

Pel fatto dell’osmosi, se noi d’un tratto trasferiamo un organismo dall’ambiente suo naturale ad altro di concentrazione diversa, i liquidi interni tenderanno a porsi in equilibrio cogli esterni attraverso alle membrane di separazione, che sono, in questo caso, le pareti delle cellule onde si compongono i tessuti e gli organi, e le sostanze non cellulari che formano le difese esterne del corpo (cuticole, dermascheletri calcarei, ecc.)

Non riuscirebbe facile precisare fino a qual punto le membrane vive siano da paragonarsi alle membrane morte usate nell’esperimento di fisica per quanto concerne le condizioni di permeabilità, tanto più quando si consideri che varie cause possono modificare le condizioni di equilibrio tra fluidi estemi e fluidi interni, l’azione regolatrice degli organi escretori, la tensione superficiale dei liquidi, ecc.

Ad ogni modo il fenomeno principale che si verifica è lo stesso; l’animale marino, collocato in acqua dolce, assorbe acqua e si rigonfia; l’animale d’acqua dolce, immerso in acqua marina, perde acqua e si deprime; le rane, tolte dagli stagni in cui vivono e poste in un recipiente di acqua di mare, perdono in breve volgere di tempo circa un quarto del loro peso. È frequente il caso in cui le correnti osmotiche e le conseguenti variazioni di volume alterino tanto gravemente i tessuti da produrre la morte. A tali alterazioni sono di regola molto sensibili le appendici che presiedono alla respirazione; le branchie, perchè i danni prodotti dallo squilibrio osmotico le rendono inadatte agli scambi respiratori; si può in taluni casi affermare che uno sbalzo di concentrazione faccia perire l’animale