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guido conte di carpegna

nella romana università, e sarebbesi fregiato ancora del sacro alloro di Temi se Pallade gelosa non lo avesse distolto con gli avvenimenti politici del 1859. — Non ci è noto che il conte Guido siasi gittate nei ludi di Marte: volse anch’esso le spalle all’Italia il cui bel cielo era annuvolato dal fumo dei cannoni, peregrinò in Oriente, quindi cacciossi in Russia, la percorse in sei mesi, e scrisse nell’ozio il proprio giornale, ma modestia lo trattenne dallo gittare quelle pagine al pubblico pasto della critica. — Educato a buoni studî avrebbe forse potuto rendere un servigio alla storia scrivendo per veduta di costumi e di fatti come moltissimi scrivono per udita. La musa Clio non lusingollo con la sua corona di lauro, la tromba che tiene nella destra mano ed il grosso volume nella sinistra lo intimorirono, così amò meglio ricordi, pensieri e giudizî tenere presso di sè ed al pubblico ignorati. Ma le Muse sono una famiglia di gelose, presentossigli Erato seducente coronata di mirto, di rose e con la dolce lira; sussurragli il nome di Dante cui la suora Calliope aveva rammentato un nome degli antenati di Carpegna, e parvegli fosse debito di gratitudine celebrare il divino Poeta nell’occasione delle feste centenarie celebratesi a Firenze nel maggio 1865: perciò affidò ai torchi un volumetto di poesie, ma guardossi bene dallo apporvi il nome, perchè vivendo in Roma, e del fiero Ghibellino contro i Guelfi poetando, temeva gliene potesse incogliere malanno. — Ebbe lettere da alcuni distinti letterati quali erano il Maffei, il Tommaseo, il Mamiani, l’Aleardi: accogliendo in sua casa la più eletta parte della gioventù patrizia e borghese, stimando ciò mezzo utilissimo ad avvicinare le caste ed a disperdere il riguardo per il quale l’aristocratico viveva disgiunto da chi non faceva vanto di stemma, in istudî ed in sociali trattenimenti molto tempo impiegando, il fatto a’ discorsi e la realtà alle idee amando di veder seguire, dièssi con grande cura alla nobile istituzione degli Asili d’infanzia, e tanto vi resse, fino a che non potendo opporsi che le maestre monacali alle laiche si sostituissero venuto in sospetto di troppo ardente ghibellinismo, ritirassi a più privato vivere.

Nel febbraio 1866 dalla vetta dei classici colli scorgevansi già grossi nuvoloni addensarsi, aggrupparsi e minacciar tempesta sul Tedesco possessore della Venezia: rotte l’ugne all’aquila austriaca, dicevasi da alcuni che la Vittoria inorgoglita sarebbe volata sul Tevere. — Negli anni che corsero dal 1846 ad oggi, in varie guise si solse patriotteggiare, che chi non aveva l’animo audace e forte per correre l’aspra ventura delle battaglie, vivendo in famiglia e mordendo silenziosamente il freno del governo dominante, apriva alcuna volta il labbro a voti ed a proteste, che se le parole convertite si fossero in proiettili, ogni più sicura fortezza non che vinta avrebbero distrutta. — Non eguali in ogni tempo sono i luoghi di cospirazione: le notti scure e procellose, le volte sotterranee, i cunicoli e le arcate cadenti, i segreti ritrovi in stanze remotissime, sono per leggende e per romanzieri, chè ormai per molti cospirare è sfringuellare in piena luce di sole; e come un dì dinnanzi al cada-