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astengo comm. giacomo

vesse essa liberamente chiamare perchè nella municipale amministrazione consigliassero, e meglio ancora se quella reggessero.

Poteva il principio essere buono per dare prova di una unificazione che non ingrettisce nel municipalismo; questo chiamare in Campidoglio gli uomini di ogni plaga poteva rimostrare come Roma sia, siccome fu, l’Italia; ma a ciò non bastava che la reggia, il Senato, la Camera elettiva, i ministeri s’empissero di persone d’ogni idioma da convertir Roma in Babele con la vera confusione delle lingue? - Il Campidoglio doveva essere come una famiglia inaccessibile e rispettata dagli occupanti la città; l’ufficialismo governativo non avrebbe dovuto salire la rocca, che il solo desiderarlo era poca cortesia verso gli ospitanti riguardandoli per gentarella troppo semplice che il grande vivere ignorasse e gli affari propri male avesse saputo tenere. - Brutta cosa la è sempre ingerirsi negli altrui fatti, e poco al bene corrispondente, perchè gli uomini d’importazione al Campidoglio avrebbero più facilmente spropositato per dar segno di vita, anzichè recato quel lume e vantaggio che solo può venire da chi conosce i bisogni ed ha dovere ed interesse a provvedervi. - Poteva ancora l’importazione fare apparire che come il politico ed il civile ordinamento, così il municipale eziandio si volesse regolamentare secondo le massime del governo ed incorporare il Comune nello Stato.

Scrivendo dell’Astengo nato nelle provincie degli antichi Stati Sardi, e poi portato a consigliere municipale in Campidoglio era in noi necessità esprimere questo concetto, non perchè giudichiamo sole ottime le piante che crescono sui colli di Roma, nè perchè l’erba del di fuori spregiamo, ma perchè la tutela del Comune in tempi di promessa libertà essere dovrebbe siccome sacra ed inviolabile solo ai cittadini del luogo lasciata. - E l’Astengo tale verità riconobbe, e nello accettare l’onorevolissimo incarico venutogli dai voti di coloro che per i nuovi uffizi presero stanza in Roma, volle darsi con intelligenza e coscienza a tenere il posto nel Consiglio municipale, che se sul Piano regolatore disputando non compose alla nomèa goduta, ciò è prova che mal di Roma può trattare, chi di Roma non conosce i veri bisogni.

Auguriamoci che l’Astengo possa volere che gl’interessi veri del Comune prosperino senza riguardo a famiglie, a caste, a partiti, e così diverrà cittadino romano per la stima degli amministrati, non già per la accidentalità di un soggiorno, o per i voti di coloro che ebbero con esso lui comuni la culla e la vita.