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martorelli cav. enrico |
una nobile insurrezione, onde istrappare di mano alla teocratica e straniera signoria la gemma più bella d’Italia. — Quindi molte città della romana provincia, prese di patriottico entusiasmo, abbatterono il sacerdotale dominio, e proclamarono il nuovo governo. E tra queste fu anco Ceprano, che alla formazione della nuova Giunta di Governo chiamò a farne parte, siccome uno dei più distinti e benemeriti cittadini, Enrico Martorelli. Ma non era maturo il fato, e ripiombando la città sotto il dominio pontificio fu il Martorelli costretto esulare nelle meridionali provincie.
Però era fisso che in breve il voto degli italiani s’avverasse, che il vaticinio dei nostri grandi si compiesse, che il sangue di tanti martiri fruttasse il fiore eterno della unità della patria coronata con Roma capitale d’Italia. — E il giorno venne. — E tutto il mondo stette attonito al miracolo, che compievasi nella terra degli eroi, nel suolo, che costò tante lagrime, tante sventure, tante stragi, tante guerre. Roma capitale d’Italia! — Al compimento di questo fatto esultarono le ossa dei padri nostri, i quali si affacciarono plaudendo dai loro sepolcri. — Volgeva il 1870. Enrico Martorelli era prescelto presidente della Giunta distrettuale, e bene il distinto ufficio gli convenne, chè uomo quanto lui niun’altro per fermo v’era che il meritasse, e lo sostenne da cittadino intelligente, operoso, e curante il bene del popolo, gl’interessi della città, e il plebiscito regolò per guisa, che riuscì degno di un popolo libero, di una città italiana di altissimi sensi. —
E poichè i meriti sì della mente, che dell’animo di Enrico Martorelli erano emersi per modo, che la estimazione generale erasi guadagnata, si volle destinato al Consiglio Provinciale di Roma per il mandamento di Ceprano, e in esso si fecero sempre più manifesti i pregi chiarissimi del Martorelli, la di cui opera fu sempre intesa alla buona amministrazioue, al benessere comune, e al supremo interesse della provincia, il perchè degno si rese pur’egli della pubblica e privata benemerenza.
Ma è purtroppo vero che il merito trovò sempre tra gli uomini gara d’invidia e di malignità, epperò anche il Martorelli da invida e maligna rabbia fu preso di mira, onde erasi proposto ritrarsi nella serena dignità del silenzio e abbandonarsi a vita privata, sino a che non avrebbe il paese richiesto nuovamente sua opera, ma fu tetragono ai colpi dei maligni e degl’invidiosi, e restò fermo e dignitoso sotto l’usbergo del sentirsi puro, disposto sempre a giovare della sua azione la città, la provincia, la patria.
E perchè viepiù apparisca in quanta stima, e in quanto riguardo sia tenuto il Martorelli, diremo come fu dai propri concittadini eletto Consigliere Comunale, e poscia nominato Sindaco, nel quale ufficio durò dal 1871 al 1873,