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venanzi cav. giovanni

segnar loro, e per loro stesso vantaggio, la ispirata formola italiana: Libera Chiesa in libero Stato; a rendere finalmente Roma all’Italia.

Folignati! — I Reduci delle patrie battaglie di questa Città, v’invitano ad ascrivere un tal giorno tra le feste nazionali, ed a solennizzarlo con gioia; ma con calma ed ordine.

L’ordine è ciò che sgomenta il nemico d’Italia: le turbolenze sono la sua letizia, la sua speranza. Non un moto dunque, non un grido che possa dar pretesto ai nemici d’Italia, che la libertà ci uccide, che noi ci demoliamo da noi stessi.

Noi dobbiamo gioire di quanto abbiamo conseguito; dobbiamo aprire il cuore all’amore, alla fraternità, alla concordia, con ogni classe cittadina, con ogni gradazione di partito che con l’ordine costituito intende al compimento de’ nazionali voti.

Noi dobbiamo chiuderlo invece alle divisioni, al malcontento, ai rancori, agli odi, alle violenze contro chicchessia.

Noi nel nome di Garibaldi che racchiude la più viva espressione di unità patria, dobbiamo rinvigorire nel nostro cuore quei legami che valsero ad edificare in 10 anni, con stupore di tutte le nazioni, questo sospirato regno d’Italia, sofferente in qualche parte ancora, ma libero, rigoglioso di nuova vita, e prossimo a godere appieno tutti i boneficj della civiltà, della sua fortunata postura, e delle sue libere istituzioni.

In questa guisa saremo noi che compatti con l’ordine costituito, assisteremo alla dissoluzione in cui già versa la più brutta emanazione del dispotismo, la Teocrazia; la quale, sfuggendolo oramai ogni sostegno, invano cerca in sè stessa un soffio di vita, un elemento di forza; e quindi disperata e folle rivolge già l’unghie in sè stessa.

Folignati! — Se un grido ci ha da uscire dal petto, in aggiunta a quelli co’ quali il popolo italiano salutò il costituirsi della sua nazionalità, sia d’ora in poi — Viva il 30 Aprile! —»

E presentendo la liberazione di Roma, egli nel 30 Giugno 1870, in un indirizzo al Sotto-Prefetto Cav. Millo il glorioso avvenimento prediceva. —

Giunse il 20 Settembre 1870. — Palpitò il cuore del Venanzi il palpito desiderato, la sua anima come quella di tutti gli esuli romani traboccava di gioia, l’annunzio che Roma finalmente era rivendicata all’Italia, così profondamente il commosse, che dovette prorompere in un pianto felice. — Il giorno appresso era egli nella città eterna, nella sua dolce terra natale. — Noto per le sue distinte virtù, era di subito nel 23 Settembre dal Comando della città di Roma e Provincia, nominato Membro della Commissione incaricata di rivedere