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duca sforza cesarini d. francesco

lingua di sua madre, e nella tedesca era già istrutto, onde al Collegio Tolomei in Siena fu mandato a studiar belle lettere e filosofia.

Nell’anno 1856 felicemente sostenne gli esami per l’ammissione all’Accademia militare di Torino, d’onde uscì nel 1859 eletto ufficiale nel Reggimento Dragoni Vittorio Emanuele, che sfavasi allora formando nell’Emilia. Ma indi a non guari il Ministero della Guerra lo destinava cigli studi di perfezionamento nella scuola di Cavalleria in Pinerolo, d’onde venia promosso a Luogotenente nei Lancieri di Montebello, quindi trasferito al Reggimento Lancieri di Novara ed appresso prescelto aiutante di campo del Generale Durando Comandante il Dipartimento militare in Milano.

Volgeva. l’anno 1864. — Un’accozzaglia di gente perduta, miserabili avanzi di soldatesche sconfitte, uomini brutti d’ogni scelleraggini, organizzatisi in brigantaggio spargevano il terrore e la strage nella provincia di Salerno e di Basilicata. — 11 duca D. Francesco Sforza nominato Capitano fu colà spedito col suo squadrone, e si diò di tutta lena a disperdere quelle orde di masnadieri, a perseguitarli sino alle loro tane e a ristorare così la pubblica e privata sicurezza in quelle contrade. — E pensare che le scelleratezze do’ grandi malfattori, che i ladroneggi e gli assassini e tutti i più inauditi misfatti erano fomentati da uomini che tennero ingiusta signoria sulla terra italiana volendola divisa, onde seguitare a suggere come tanti vampiri il sangue del popolo; e pensare che anche in nome di colui, che vantasi vicario di Dio, si consumarono stupri e omicidi, rapine e incendi e atrocità senza fine orrende, e che tuttora con la più tiranna voluttà aspira alla rovina della patria, è cosa che mette raccapriccio, e fa dubitare se v’ha una religione, se veramente l’umanità è progressiva.

Correva intanto l’aprile del 1866 quando lo Sforza veniva eletto ufficiale d’ordinanza del Re.

Rottasi poco di poi la guerra contro l’Austria ei valorosamente combattè e gloriosamente si distinse nella famosa giornata del 24 giugno, onde si meritò la decorazione della Medaglia al valor militare.

Trovavasi tuttavia al servizio nell’esercito regio allorché nel 1867 andavasi formando una crociata di volontari italiani per la liberazione di Roma.

Ne era il condottiero quell’uomo, cui tutto il mondo s’inchina — il Generale Garibaldi. Plaudiva lo Sforza a quella magnanima insurrezione, chò Roma era anche il sospiro dell’anima sua e pur egli credeva che il grande dovere d’italiani era quello d’impiantare sulle rovine del papato temporale la bandiera della libertà, della inviolabilità del pensiero e della libertà di coscien-